Bonus per chi ripara vestiti e scarpe in Francia e vuoti a rendere in Germania: l’Europa si muove verso una nuova transizione ecologica

Incentivi per riparazioni e vuoti a rendere? Non si tratta più di un’idea così astratta. In Francia, ad esempio, arriva il bonus “green” per la riparazione di indumenti e scarpe, pensato per eliminare gli sprechi del settore moda. Con questa iniziativa i cittadini potranno ottenere fino a 25 euro per le riparazioni da parte di sarti e calzolai.

In questo Paese europeo, già solo nel 2022 sono stati immessi sul mercato 3,3 mld di capi di abbigliamento, calzature e biancheria per la casa, secondo i dati Refashion (+500mila rispetto all’anno precedente). Oggi i francesi cestinano 700.000 tonnellate di indumenti l’anno, di cui circa due terzi destinati alle discariche, con un impatto devastante sugli ecosistemi.

Per tanti, ormai, portare dal calzolaio le scarpe rotte dopo due anni dall’acquisto, specialmente se pagate poco, può sembrare un’idea superata. Talvolta, comprarne di nuove costa meno che farle riparare. Così, però, aumentano rifiuti e si alimenta il consumismo.

Per contrastare queste cattive abitudini, la Francia ha lanciato appunto il “bonus réparation”, l’agevolazione che spinge a rammendare indumenti e accessori, nell’ambito della legge antispreco per un’economia circolare (Loi Agec). E non è la sola novità.

Come funziona il bonus réparation

Il bonus è attivo da ottobre 2023. Secondo il ministro della Transizione Ecologica Bérangère Couillard, l’iniziativa coinvolgerà circa 500 artigiani, sarti e calzolai che avranno la certificazione di Refashion, organizzazione operante in ambito tessile partner dello Stato francese.

Vuoti a rendere e incentivi riparazioni

Si va quindi da un minimo di 6 euro a un massimo di 25 euro di bonus. Per sistemare la suola di una scarpa sono previsti 8 euro, mentre una fodera per pantaloni costa 10-25 euro; per rammendare un buco si possono ottenere 8 euro.

Questo nuovo sistema salverà vestiti e scarpe ancora recuperabili, promuovendo una maggiore attenzione nei confronti dell’ambiente.

Bonus riparazione dispositivi elettronici

E non è l’unica innovazione “green” per la Francia, dove si contrasta l’obsolescenza programmata incentivando il riuso e la riparazione di strumenti tecnologici. Nel febbraio di quest’anno, ad esempio, è stato introdotto il bonus riparazione previsto dalla legge del riuso per i dispositivi elettronici. Il bonus garantisce il 20% di sconto in fattura sul costo medio di una riparazione. Così sensibilizza al riuso, invece di vedere cestinati dispositivi ancora in buono stato per acquistarne altri.

E questo vale anche per gli elettrodomestici. Anche perché elementi di alcuni rifiuti, ad esempio le componenti elettroniche, risultano spesso dannosi.

Per usufruire del bonus, la riparazione dev’essere effettuata da un tecnico certificato Ecosystem ed Ecologic, due organizzazioni che gestiscono il fondo di riparazione. E sono stati posti dei limiti per i prodotti ammessi. Gli incentivi al riuso, infatti, sono pensati solo per apparecchiature elettroniche ed elettriche di una specifica sottocategoria. Questa raccoglie la maggior parte degli elettrodomestici e altri prodotti di uso comune e di tipologia domestica.

Bonus riparazione, i requisiti

Il limite massimo di contributo alla riparazione per ciascuno dei prodotti va, ad esempio, da 25 euro per una lavatrice, a 30 euro per un televisore oppure 45 per un pc o notebook. Il costo di riparazione è ben definito e dovrà essere compreso tra i 150 e i 180 euro.

L’ex segretaria di stato Brune Poirson ha sottolineato che l’obiettivo è “portare la Francia fuori da una società completamente usa-e-getta per una società totalmente riutilizzabile”.

Spesso, infatti, molti dispositivi vengono sostituiti già al primo difetto. E questo avviene perché il costo della riparazione di un singolo elemento è elevato rispetto all’acquisto di un prodotto nuovo. Ora, però, il fondo di riparazione dovrebbe crescere gradualmente da 31 generi di prodotti interessati a 68 nel 2025..

Così aumenterebbe anche la rete di riparatori certificati, dato che sono già presenti sul territorio nazionale circa 20.000 punti di riparazione.

Vuoti a rendere

Un’altra novità è costituita dal ritorno ai vuoti a rendere. Ci spostiamo in Germania, dove ci sono spazi adibiti al ritorno delle bottiglie. In alcuni franchising come gli ipermercati Kaufland (gruppo Lidl) e in Edeka esistono veri e propri punti di raccolta ben segnalati ai consumatori. Perché fare impresa in modo green è possibile.

Il vuoto a rendere, infatti, è economicamente vantaggioso perché migliora le condizioni ambientali, dà lavoro e rimette in produzione buona plastica (rPet). Inoltre, aiuta a raggiungere i tassi di riciclo imposti dall’UE, con importanti ripercussioni economiche.

Dove questa prassi è già in vigore nessuna lattina o bottiglietta di plastica o vetro viene sprecata. I “canner“, infatti, raccolgono tutto per riscattare denaro (negli Stati Uniti si può arrivare anche a 20-40.000 dollari l’anno a persona). Così il deposit return system (Drs) entra in funzione e diventa attuabile quando un Paese decide di attuare queste politiche.

In Europa varie altre nazioni applicano le procedure del vuoto a rendere fin dallo scorso secolo: prendiamo, ad esempio, la Svezia, la Finlandia e la Danimarca.

E sono 11 i Paesi che hanno già deciso di adottare questo sistema nei prossimi tre anni (Austria, Ungheria, Portogallo, Grecia, Cipro, Polonia, Repubblica Ceca, Regno Unito, Romania, Scozia, Turchia). Eppure, l’Italia è rimasta indietro.

Perché l’Italia è ancora in dubbio sui vuoti a rendere?

I benefici sono evidenti sia dal punto di vista ambientale che di civiltà. Infatti, tutti gli studi scientifici dimostrano che un Drs può azzerare la dispersione dei flaconi monouso nell’ambiente. Il littering, infatti, costituisce una delle principali fonti di contaminazione da plastica per acqua e terra. Ecco perché la nostra politica dovrebbe attuare al più presto dei cambiamenti in tal senso.

Come spiegato da Enzo Favoino, coordinatore scientifico della campagna A buon rendere, con i Drs entra in gioco un cambio di paradigma per i rifiuti. Il consumatore paga il contenuto e prende solo in prestito il contenitore, da restituire riscattando la cauzione.

Una catena del valore positiva

Anche se gli operatori dell’industria della plastica sembrano contrari, Alessandro Pasquale, presidente di Mattoni 1873 (oggi alla guida di Natural Mineral Water Europe) non è dello stesso parere. E li ha pubblicamente invitatoi a considerare questa catena del valore “assolutamente utile e positiva”. Lui stesso l’ha sperimentato nei Paesi in cui opera nell’Est Europa. Eppure, perfino i consorzi del recupero sembrano esitanti. Il presidente della Coripet, Corrado Dentis, ha affermato di recente che: “Alla base manca una decisione politica di adottare un sistema di tipo cauzionale. Al momento l’Italia ha espresso molto chiaramente la sua contrarietà ad adottare quel percorso”.

Invece Alberto Bertone, AD e presidente di Acqua Sant’Anna, sembra molto favorevole. L’idea è che per riciclare il Pet in closed-loop, da bottiglia a bottiglia, occorre una raccolta dedicata, esente da materiali e sostanze inquinanti. Mediante il Drs potremo disporre di Pet grado alimentare più facile da riutilizzare per produrre nuove bottiglie.

Un’opportunità da non sprecare

Intanto, l’art. 44 della proposta di regolamento europeo sugli imballaggi e rifiuti (Ppwr) dispone che entro il 1º gennaio 2029 gli Stati debbano istituire sistemi di deposito cauzionale e restituzione per bottiglie di plastica e contenitori monouso per bevande. Ed esistono tanti  vuoti a rendere che potrebbero seguire la stessa scia. Ad esempio, i contenitori per il take away, i recipienti di detersivi, d’olio e le cicche di sigaretta, che invece sono appannaggio dei consorzi o dei volontari.

In Italia continuano i dubbi, ma c’è da sperare che presto vedremo qualcosa muoversi, soprattutto per iniziativa di privati e aziende che ne trarrebbero nuovi vantaggi in ottica di transizione ecologica.

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Maria Cristina Folino
Laureata in Pubblicistica e Filologia Moderna presso l'Università degli Studi di Salerno, specializzata in programmazione e gestione d'interventi per gli archivi e le biblioteche digitali, dal 2008 collabora con stampa locale e giornali online. Già docente di scrittura creativa ed esperta di comunicazione digitale, lavora come giornalista, social media manager e copywriter. In precedenza ha vinto numerose competizioni artistico-letterarie a livello nazionale. Dopo la raccolta di poesie "Ali di Gabbiano" (Aletti Editore, Roma 2008) e due ebook con Edizioni Il Pavone, nel 2022 ha pubblicato "Tim Burton e il catalogo delle Meraviglie" con Edizioni Dialoghi. Su Instagram ha un account dedicato a libri e moda: seguila su @fashionreadersit

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