Quando il teatro diventa uno strumento catartico che aiuta l’essere umano a risolvere i suoi travagli interiori, infondendo serenità. A partire dal 3 novembre, dopo Roma, anche Milano arriva stagione teatrale, proposta dallo psicoterapeuta, Giovanni PortaDagli anni Sessanta ad oggi la Teatro Terapia è diventato uno fra i tanti strumenti che lo psicoterapeuta utilizza per aiutare l’essere umano a superare le proprie sofferenze interiori. Una stagione che riprende le tecniche di una tradizione che dall’Antica Grecia si è ormai secolarizzata e riproporle nel vissuto quotidiano. 

Il riso nella Commedia dell’Arte moderna e il pianto nella Tragedia e nel Melodramma  moderno, sono diventati i simboli di una tradizione arcaica. Ma nella Teatro Terapia, i protagonisti non sono gli attori teatrali bensì la gente comune che saliranno sul palco per portare se stessi con le loro paure, aspettative e fragilità; con il proprio vissuto, le relazioni affettive e familiari; il loro grado di soddisfazione/insoddisfazione nei confronti della loro esistenza non limitata al semplice “stare al mondo“, ma a capire “come e perché si sta nel mondo” proprio in quel modo. E’ questo lo scopo del laboratorio che arriverà a Milano presso il Centro “San In Centro”, in corso Italia 49 (zona Bocconi) e si svolgerà in un arco temporale da novembre a maggio. Il primo incontro è previsto venerdì 3 novembre a partire dalle 19.30.

Alpi Fashion Magazine ha intervistato Giovanni Porta, psicoterapeuta ed esperto performer che ha organizzato il corso e ne sarà anche il conduttore. Una laurea in Psicologia presso l’Università degli Studi di Padova, e un master in “Utilizzo di tecniche artistiche nella relazione d’aiuto“, con una doppia specializzazione; una in “Teatro e Psichiatria” e l’altra in “Psicoterapia della Gestalt” conseguita presso l’I.G.F. di Roma. Il percorso professionale di Giovanni annovera anche un’esperienza come performer di arte teatrale. Ma come precisa lui stesso, la teatro terapia è un’espressione artistica che non ha come scopo ultimo la realizzazione di uno spettacolo teatrale bensì l’acquisizione di una migliore consapevolezza del proprio del proprio mondo interiore.

Le persone attraverso un percorso condotto all’interno del gruppo ed insieme ad esso, possono esplorare quegli stati emotivi che determinano la costruzione di sovrastrutture e di meccanismi cognitivi di difesa. È importante superare quelle rigidità mentali che ostacolano il pieno svolgimento di una vita regolare e bilanciare meglio il bisogno di avere un lavoro appagante con la soddisfazione personale che una stabilità affettiva può dare. Questo è uno degli obiettivi previsti dal laboratorio di teatro terapia del prof. Giovanni Porta intervistato da Alpi Fashion Magazine parla delle origini della psicoterapia e del suo concreto supporto al miglioramento della qualità.

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Lo psicoterapeuta Giovanni Porta

Quanto è importante  la teatro terapia per il superamento di certi traumi emotivi? 

La teatro terapia può aiutare a superare gli abituali limiti che caratterizzano la nostra vita, per esempio l’eccesso di paura del giudizio degli altri, la timidezza, piuttosto che uno stile personale troppo rigido. E’ molto utile perché all’interno di un contesto terapeutico accogliente e non giudicante, le persone coinvolte nel gruppo fanno dell’arte una crescita personale non limitata alle attività performative. Si fanno degli esercizi, delle esperienze mutuate dal training attoriale che consentono di uscire dalla paura del ridicolo.

In quali situazioni di disagio la teatro terapia può essere utile?

E’ utile per le personalità che tendono ad essere introverse o per le persone che sono bloccate dagli attacchi di panico; per chi ha un carattere tendenzialmente depressivo, anche se la patologia in sé va curata con la psicoterapia e nei casi più gravi con il ricorso ai farmaci. La teatro terapia non è una panacea, ma consente a persone normalmente nevrotiche di lavorare sui loro comportamenti adeguandoli al contesto in cui vivono.

La teatro terapia lavora quindi sugli atteggiamenti mentali e sugli stati emotivi?

Ci lavora indirettamente. In realtà è un lavoro molto concreto. Si realizzano delle drammatizzazioni in cui ognuno interpreta un ruolo diverso e a seconda della situazione i ruoli si scambiano; così si esce da uno stato emotivo “solido” per considerare nuove possibilità. Lo stato emotivo non è un punto di partenza ma un punto di arrivo. Partendo da azioni non consuete, nelle forme più semplici i giochi di movimento sulla musica in cui ci si presenta a tutto il gruppo ballando, oppure attraverso varie forme di espressività artistica, come la parola, lo scritto e le tecniche del disegno. Tutte le forme d’arte vengono rappresentate e messe in scena come espressione della persona.

L’arte teatrale, fin dall’Antica Grecia, utilizza la mimesis intesa non come semplice rappresentazione, ma come una dynamis, un flusso in “entrata” e in “uscita” dal personaggio. L’attore indossava una maschera per impersonare un modo d’esserci, di esistere nel mondo. Non a caso anche l’origine della parola “terapia” deriva dal greco “therapeia“, che significa “aver cura”, “preoccuparsi della persona”. Quanto c’è all’interno della teatro terapia di questa influenza  del “drama” classico?

Tutta la nostra cultura è stata profondamente influenzata dalla Grecia e quindi lo è anche la teatro terapia; il fatto che ai partecipanti venga chiesto di cambiare spesso il personaggio che interpretano è importante anche nella vita di tutti i giorni. I problemi arrivano quando ci si cristallizza in un personaggio spiacevole come la vittima. La teatro terapia consente di prendere le distanze da qualsiasi situazione emotiva e di relativizzarla.

La teatro terapia può essere di auto anche ad una persona che ha subito degli abusi? 

La teatro terapia è un contesto molto giocoso e in quanto forma di espressione è sicuramente utile a tutti, anche a chi ha subito degli abusi, purché sia accompagnata da un percorso di psicoterapia individuale in cui la persona ha lo spazio e il tempo per approfondire ed analizzare il problema.

Quando nasce la teatro terapia? 

Nasce negli anno Sessanta – Settanta da un incrocio tra l’evoluzione di alcuni tipi di psicologia euristica e alcune tecniche mutuate dal teatro sperimentale e di ricerca. Anni in cui c’è un forte rivolgimento culturale e l’arte irrompe in modo molto importante all’interno di alcuni tipi di terapia “umanistica“, quali la Gestalt.

La teatro terapia è anche molto presente nella letteratura novecentesca e nella pubblicistica. Quale? 

Parliamo della grande pedagogia teatrale ( Stanislavskij, Strasberg etc.) e dell’opera di Grotowski, unita ad un particolare tipo di psicoterapia legata alla riabilitazione. In Italia ci sono diversi approcci; alcuni più analitici, quindi più vicini allo psicodramma, ed altri meno analitici e più vicini alla teatro terapia di stampo gestaltico o puramente espressiva. Nelle diverse città ci sono vari professionisti che se ne occupano in base alle loro preferenze individuali. Alcuni, ad esempio, utilizzano anche il video all’interno della teatro terapia. A Roma c’è Michele Cavallo, specializzato nell’intervento per soggetti particolarmente a rischio, oppure Oliviero Rossi che è specializzato proprio nella video terapia.

Nella teatro terapia lo psicoterapeuta si avvale anche della collaborazione degli attori teatrali? 

E’ una scelta del conduttore. Di solito, il teatro terapeuta fa entrambe le cose. Ha una certa esperienza teatrale e, naturalmente, psicoterapeutica, e quindi è la stessa persona che decide anche in base ai movimenti e alle energie del gruppo un tipo particolare di esperienza teatrale piuttosto che un’altra. Altre volte si combinano in maniera interessante anche le collaborazioni con professionisti del teatro o di altre discipline artistiche che possono arricchire un laboratorio.

Quanto di artistico c’è nella teatro terapia?

Molto, se intendiamo l’arte come l’espressione del modo di “stare al mondo” di una persona. Ma è un’arte non performativa. Alle volte può accadere che il gruppo decida di concludere la terapia con uno spettacolo, ma non è quello il fine ultimo. Il fine è la crescita personale.

Come si svolgerà la rassegna che aprirà le porte a Milano? Ci sarà un coinvolgimento da parte del pubblico?

Il primo incontro, quello di presentazione, è l’unico in cui è presente il pubblico. In tutti gli altri è presente solo il gruppo di lavoro. La prima parte della presentazione sarà dedicata alla spiegazione del laboratorio, la seconda invece allo svolgimento concreto di piccole esperienze di teatro terapia.

Quanti incontri prevede il laboratorio?

Compresa la presentazione, sono quattordici incontri che si svolgeranno tutte a Milano in corso Italia, 49  da novembre fino a maggio. Ci sono quattro moduli fondamentali; il primo modulo sarà basato sulla formazione del gruppo, ossia sull’utilizzo delle dinamiche che le persone mettono in atto quando si inseriscono in un nuovo gruppo. Il secondo modulo sarà incentrato sulla famiglia di origine e sul motivo per cui una persona sta proprio così nel mondo, e quindi su tutto ciò che gli è accaduto nella vita. Il terzo modulo riguarda l’analisi del carattere dei partecipanti, e quindi le loro rigidità. Ogni partecipante sarà in grado di sviluppare un discreto livello di consapevolezza, su quali sono le “fregature” che prende normalmente nella vita, e su come uscirne. L’ultima parte sarà dedicata allo sviluppo di qualcosa di nuovo, sulla ricerca e concretizzazione dei comportamenti non abituali che i partecipanti avranno scoperto durante il percorso. Ogni incontro dura due ore e mezza ed è caratterizzato da una fase di riscaldamento, un’altra chiamata “perturbazione” ed un’altra ancora dedicata al lavoro psicologico in gruppo.

Come ci si potrà iscrivere?

La cosa migliore è venire alla presentazione perché quella sera saranno già aperte le iscrizioni. Gli interessati potranno anche scrivermi a giovanniporta74@gmail.com

Marianna Gianna Ferrenti

Per maggiori informazioni visitare il sito

www.giovanniporta.it

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Marianna Gianna Ferrenti
Sono una giornalista pubblicista lucana. Dopo alcune esperienze sul territorio, ho allargato gli orizzonti, affacciandomi nel 2012 al mondo del social journalism. Laureata magistrale in Scienze filosofiche e della comunicazione, dopo un corso di Alta Formazione in Graphic Design ed Editoria digitale, finanziato dal Fondo Sociale Europeo, ho arricchito il mio background con competenze tecniche nell'ambito della scrittura digitale

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