Intervista di: Gabriele Vinciguerra

Se Alessandro De Benedetti dovesse raccontarsi, cosa direbbe?

Sono un designer dal background couture, mi nutro di cinema d’essai, musica electro-wave e colonne sonore anni Settanta.

Disegno la mia label omonima di prêt-à-porter da più di quindici anni, e ogni volta cerco di infondere in essa riferimenti artistici e culturalmente alternativi, accanto a quell’appeal high fashion che mi seduce da sempre.

Cosa ti ha ispirato a diventare un designer di moda?

Sin da adolescente amo molto il cinema alternativo di Lynch e Jodorowsky (non solo a livello di racconto: ne ho, si potrebbe dire, assorbito anche i visual, le immagini, i costumi). Allo stesso tempo ero un appassionato di fumetti noir italiani, e adoravo la moda di Gaultier e di Thierry Mugler. Di quest’ultimo sono diventato assistente: più che un’esperienza, una vera folgorazione.

Alla fine degli anni Novanta, quando ero un giovanissimo designer, la moda conservava ancora quel connubio tra abito, racconto e sogno che amavo ricreare; per questo mi sono subito recato a Parigi per imparare l’arte del moulage.

Qual è la tua fonte di ispirazione più grande?

La musica alternativa/underground è solitamente il sottofondo che accelera il momento della creazione, ma parto sempre da un ricordo visivo: un film cult del passato, un fotografo, i miei dipinti preferiti.

Qual è la tua sfida più grande come designer di moda? 

Raccontare una storia personale attraverso una collezione, ma sempre rimanendo concreti e coerenti rispetto alla richiesta della mia clientela. Una volta inquadrato l’elemento del sogno, restano due sfide molto concrete: la forma e il colore dei tessuti. Questi tre elementi devono obbligatoriamente funzionare tra loro.

Qual è il tuo capo di abbigliamento preferito da indossare?

La camicia fatta su misura in cotone svizzero.

Qual è stata la tua ispirazione per la tua ultima collezione?

La scintilla creativa della mia più recente collezione parte da due ricordi visivi: il cult movie  degli anni ’70 Histoire d’O,
ancora oggi celebre per la sua sensualità impertinente e iconica, in cui le interpreti indossavano surreali abiti fluidi dai colori chiari e caldi, unito alle suggestioni emotive nate dalle polaroid artistiche di Carlo Mollino, torbide, ammalianti…
Ho voluto unirli in un mio personale remake attraverso un guardaroba che diventa erotico proprio perché austero e sinuoso nelle linee.

Qual è il tuo materiale preferito?

Il raso lavato e i tessuti maschili, rigorosamente tagliati in sbieco o drappeggiati a manichino.

Qual è la tua parte preferita del processo di design?

Sicuramente il disegno. Essendo in primis un illustratore, amo disegnare ad uno ad uno i look della mia collezione, ancora “alla vecchia maniera”, con i pezzi di tessuto attaccati al foglio con gli spilli…  In seguito ogni disegno viene rielaborato al computer, e tutto diventa più  facile da sovvertire. Da una modifica, anche da un errore digitale possono benissimo nascere un’idea nuova o una diversa emozione.

Quali sono le tue opinioni sulla moda sostenibile?

Concordo pienamente sull’utilizzo di fibre sostenibili, pur constatando che attualmente stiamo ancora solo facendo i primi passi verso questo tipo di visione. La sostenibilità tessile verrà decisamente potenziata nei prossimi anni: è giusto iniziare già da adesso a perseguirla.

Qual è il tuo evento di moda preferito?

La fashion week di Milano.

Quali sono le sfide che il settore della moda sta affrontando oggi?

Mi accorgo che il settore moda è decisamente cambiato. Produrre in Italia ha dei costi altissimi, anche i prezzi dei materiali stanno diventando problematici; ancora più scoraggiante, secondo la mia opinione, è percepire che il consumatore finale sta perdendo conoscenza di ciò che indossa. La vera sfida è comunicare con successo il valore dell’artigianalità, del tempo dedicato alla creazione di ciascun prodotto d’eccellenza.

©gabrielevinciguerra

Quali sono le tue speranze per il futuro del settore della moda?

Che ci sia un ritorno alla vera creatività, non solo nel farla, ma anche nell’indossarla. Le grandi case stanno monopolizzando il gusto dei consumatori, ma c’è differenza tra clienti di un brand e adepti.

Qual è il tuo consiglio per i giovani designer che vogliono entrare nel fashion system?

Avere un’identità precisa, ben espressa; non avere timore di infondere nelle loro creazioni anche la parte più profonda della loro personalità.

 

Qual è il tuo messaggio per il mondo della moda?

Mi piace sperare in un ridimensionamento di tutte le collezioni, in prodotti meno massificati e in un ritorno all’eccentricità  o alla sartorialità ma dai prezzi democratici.

Qual è la tua reazione?

emozionato
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Gabriele Vinciguerra
L’obbiettivo del fashion photographer Gabriele Vinciguerra, è quello di emozionare! Eclettico nell’interpretazione delle esigenze del cliente, attraverso immagini artistiche, accattivanti dall'identity univoca. L’alta moda è il suo focus. Un mondo irrinunciabile, un’ossessione perseverante soddisfatta solo quando fotografa. Le capacità tecniche sono importanti. Tuttavia, l’anima, l’intensità e la sensibilità che ha nel saper cogliere ciò che inquadra con la macchina fotografica, lo rendono diverso. “La fotografia non è un lavoro, è una necessità intrinseca della sua anima. Una maledizione e una fortuna che rendono unica la sua espressione artistica

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