Mata Hari: the myth and the maiden, la più grande mostra mai realizzata sulla “spia che ballava”, sarà possibile visitarla dal 14 ottobre al 2 aprile del 2018 al museo di Friesland, nei Paesi Bassi. Attraverso l’esposizione di oggetti personali, fotografie, diari, lettere e appunti militari, di cui alcuni inediti «that shed new light on the girl behind the myth», come rivelano gli organizzatori olandesi, si vuole infatti celebrare una donna divenuta leggenda, perché Mata Hari (in malese luce del mattino), pseudonimo di  Margaretha Geertruida Zelle, è «l’agente segreto più celebre e romanzato della storia», è ancora considerata un’icona di stile, sex symbol e misteriosa femme fatale.  

Mata Hari

La ballerina Mata Hari, Venetsmagazine

Durante la prima guerra mondiale diviene una delle più abili spie dei servizi segreti tedeschi

Margaretha arriva a Parigi nel 1904, e, nonostante sia priva di risorse, alloggia al Grand Hotel; presto raggiunge il successo artistico come ballerina. Prima si sposa, poi divorzia e vive un’intensa vita mondana, passando da un amante facoltoso ad un altro. Intelligentissima e intraprendente, dotata della conoscenza di sei lingue, con l’inizio della prima guerra mondiale diviene una delle più abili spie dei servizi segreti tedeschi, col nome in codice H21. Ma arriva il redde rationem quando, confidando troppo sulle sue protezioni altolocate, la Hari inizia a fare il doppio gioco servendo anche lo spionaggio francese, poi “bruciata” dagli stessi servizi segreti tedeschi e arrestata dal controspionaggio francese, viene fucilata.

  Il mito

Dopo la sua morte, il 15 ottobre del 1917, la sua storia ha subito assunto le proporzioni di un mito, e le vicissitudini della sua vita continuano a suscitare l’interesse di studiosi e di scrittori di tutto il mondo. Persino star del cinema come Greta Garbo, Sylvia Kristel e Marlene Dietrich hanno recitato appassionatamente nel ruolo di Mata Hari, dal carattere certamente irresistibile, ma anche pericoloso e immorale. È stata proprio questa importante figura femminile a ispirare personaggi come le recenti Bond girls. Consacrata nel 1905, dopo l’esibizione al teatro dell’Olympia come la donna che è lei stessa la danza: «Mata Hari è la danza», è «artista sublime», «riesce a dare il senso più profondo e struggente dell’anima indiana»; si trovò ad essere desiderata tanto dai maggiori teatri europei quanto, come moglie, da ricchi e nobili pretendenti. Anche Giacomo Puccini si dichiarò suo ammiratore.

ballerina Mata Hari,spia Mata Hari

Mata Hari in una danza, Stile Arte

Il suo nome fu accostato a quello delle maggiori vedettes del passato, come Lola Montez, e del tempo come la Otero, Cléo de Mérode e Isadora Duncan. Alla fine del 1911 raggiunse il vertice del riconoscimento artistico partecipando, al Teatro alla Scala di Milano, prima alla rappresentazione dell’Armida di Gluck recitando la parte del Piacere e poi, dal 4 gennaio 1912, dando cinque rappresentazioni del Bacco e Gambrinus, un balletto di Pratesi musicato da Romualdo Marenco,  dove interpretò il ruolo, non a caso, della dea dell’amore. Il direttore dell’orchestra Tullio Serafin la presentò come una «donna eccezionale, dall’eleganza perfetta e con un senso poetico innato».

La spy story e il  doppio gioco

La ballerina era già sorvegliata dal controspionaggio inglese e francese quando, il 24 maggio 1916, partì per la Spagna e  di qui, il 14 giugno, per Parigi dove, tramite un ex-amante, il tenente di cavalleria Jean Hallaure, che era anche, senza che lei lo sapesse, un agente francese, il 10 agosto si mise in contatto con il capitano Georges Ladoux, capo di una sezione del Deuxième Bureau, il controspionaggio francese, per ottenere il permesso di recarsi a Vittel. Ladoux le concesse il visto e le propose di entrare al servizio della Francia, proposta che la donna accettò, chiedendo l’enorme cifra di un milione di franchi, giustificata dalle conoscenze importanti che ella vantava e che sarebbero potute tornare utili alla causa francese.

A Madrid, la Hari continuò il doppio gioco, mantenendosi in contatto sia con l’addetto militare all’ambasciata tedesca (von Kalle) che con quello dell’ambasciata francese, il colonnello Joseph Denvignes, al quale riferì di manovre dei sottomarini tedeschi al largo delle coste del Marocco. Il von Kalle comprese che ella stava facendo il doppio gioco e telegrafò a Berlino scrivendo che «l’agente H21 chiedeva denaro ed era in attesa di istruzioni»: la risposta fu che l’agente H21 doveva rientrare in Francia per continuare le sue missioni e ricevervi 15.000 franchi. L’ipotesi che i tedeschi avessero deciso di disfarsi della donna, rivelandola al controspionaggio francese come spia tedesca, poggia sul loro utilizzo, solo in quell’occasione, di un vecchio codice di trasmissione, già abbandonato perché decifrato dai francesi, nel quale Mata Hari veniva ancora identificata con la sigla H21. In tal modo, i messaggi tedeschi furono facilmente decifrati dalla centrale parigina di ascolto radio della Tour Eiffel. Il 2 gennaio 1917 la spia-ballerina rientrò a Parigi, la mattina del 13 febbraio venne arrestata nella sua camera dell’albergo Elysée Palace e poi  rinchiusa nel carcere di Saint-Lazare.

Valeria Gennaro

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Valeria Gennaro
Giornalista, insegnante, fashionista e cultrice della materia in storia del cinema con la passione per la moda, i bijoux e la social communication. Laureata magistrale in Teoria e filosofia della comunicazione e laureanda in Scienze filosofiche. Neuro Linguistic Programming Master Practitioner. Collabora con "La Gazzetta del Mezzogiorno", Cinematographe, Fashion Life, ed è caporedattore del giornale "Alpi Fashion Magazine" e del relativo supplemento sul lusso Luxury Style Mag

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