L’Associazione Alda Merini, con la collaborazione di Unitre di Venosa, ha organizzato un reading teatrale ad alta voce di alcuni dei più importanti testi attinti dai classici del cinema, del teatro, della letteratura della psicoanalisi.

Una riflessione intima ed accorata sulla condizione delle donne di oggi e su quanto la loro emancipazione, frutto di ardue conquiste, sia una sfida messa a dura prova dal vivere quotidiano. Il progetto realizzato grazie all’impegno della Bottega del Teatro San Domenico di Venosa, ha coinvolto 20 ragazzi del liceo classico-scientifico di Venosa, in un progetto di alternanza scuola lavoro. “Bottega San Domenico è uno spazio mentale dove si convogliano energie mentali per creare spazi fisici che non siano statici, ma che diventano luoghi di incontro in movimento dei soci partecipanti. L’auspico è di fare teatro sociale attraverso una metodologia allargata tra cinema, letteratura e psicoanalisi. È un tentativo esperienziale di portare i giovani a fare letture ad alta voce, animata a mo’ di teatro per suscitare nei giovani l’interesse creativo della parola, abbandonando i mezzi virtuali e veloci che in questi anni hanno paralizzato le menti sia degli adulti che dei giovani” commenta Maria Antonietta Dicorato, socia dell’Associazione Alda Merini e coordinatrice della bottega Teatro San Domenico.  Queste energie mentali si sono tradotte in una rappresentazione che ha ricostruito il ruolo della donna nella società e nella famiglia.

Maria Antonietta Dicorato, Carmela Sinisi, Michele Zaccagnino, Filomena Sanua, Patrizia Pellegrino, Emilia Sanua, Antonio Ruggiero ed Elvira Profita, assieme agli studenti del liceo classico e scientifico di Venosa, Federico Lombardi, Teresa Tancredi, Maria Teresa Gammone, Eleonora Deputato, Nicola Troilo, Antonio Lanza, Lorenzo Capobianco, Michele Zaccagnino, Filomena Sanua, Emilia Salvia, Teo manilla, Martina, Tamburriello, Alessia di Pietro e Teodoro Manilla e il gruppo coordinato Unitre dalla prof. Rosa di Leo, Maria Teora, Rosa Pugliese, Vincenza Sileno, Sabrina Pescuma, Antonietta di Napoli, Giuseppina Evangelista hanno preso parte alla serata recitando i versi di alcuni dei più importanti autori, in un percorso dall’antichità classica alla società contemporanea.

Tutti vestiti con gli abiti realizzati da Moreno, noto stilista di Venosa, conosciuto a livello internazionale, che ha anche esposto alcuni flash della nuova collezione 2016 dedicata alla nobildonna Maria D’Avalos.

La prof.ssa Rosa Dileo, coordinatrice del gruppo Unitre di Venosa,  ha delucidato, con una lettura critica ed arguta, alcuni dei snodi fondamentali attraverso cui si è diramato l’excursus letterario dedicato alla comprensione del complesso mondo interiore delle donne e di come si riverbera sulle relazioni sociali.

Da  “Termosforie” di Aristofane ad “Alcesti” di Euripide, da “Ragazze interrotte” (1999), film diretto da da James Mangold con Winona Ryder, tratto dal diario di Susanna Keysen, al monologo (1999) a grado “Tutto su mia madre” di Pedro Almodóvar.  Sono stati racconti i versi della scrittrice e poetessa contemporanea Dacia Maraini, “Donne mie”;  un estratto del romanzo “Venuto al mondo” di Margaret Mazzantini, da cui deriva l’omonimo film diretto nel 2012 da Sergio Castellitto;  i versi di “Secondo me la donna” del cantautore Giorgio Gaber; e ancora “Gabbie di Carta” della scrittrice e psicoterapeuta Michela Rosati; Michela Marzano con “Padre, figli Gender”. Ed infine, Gustavo Bolivar Moreno “Senza le tette non c’è paradiso” e Alda Merini con “Diario di una diversa e poesie”.

Da Nietzsche a Jung, nel confronto tra apollineo e dionisiaco, la letteratura filosofica prima e psicoanalitica poi, invita ad “esplorare il proprio inconscio” non come ricettacolo dell’irrazionale, ma come un’ “altra ragione” che ci accompagna assieme all’intuito;  “guardarsi dentro” per capire chi si è davvero. La poesia “Quelle come me” di Alda Merini parla dell’autenticità di un amore incondizionato; mentre Margaret Mazzantini si sofferma “sulla maternità che non riesce a venire”; una condizione, dopo lunghi anni di sofferenze, può diventare un sollievo perché la si accetta con serenità. In Michela Marzano “Mamma, mamma e gender” affiora il tema della diversità  di genere, le cui trasformazioni non offuscano anzi rafforzano l’unione familiare. In “Donne mie” emerge il tema del pudore sociale; donne che  vivono sulla loro pelle il “dovere di amare”, cavandosi gli occhi pur di non vedere le ingiustizie subite.

Durante la serata, che si è svolta nella Sala del Trono del Castello Pirro del Balzo di Venosa, è stata fotografata l’immagine della donna i suoi molteplici volti. Madre, moglie, amante, la donna può essere forte e fragile al tempo stesso; sulle sue spalle può ricade il peso di una vita intera, della sua infanzia e delle sue esperienze che si riversano anche nella relazione con l’uomo. Una responsabilità che le donne possono accettare con piacere e dedizione, per amore del marito e dei propri figli; oppure una condizione che può essere subita per non sfidare le regole  e le convenzioni sociali. La paura di restare sole e il conseguente gioco della seduzione che induce ad inseguire l’uomo e al contempo di essere inseguite,  può renderle, a seconda dei ruoli interpretati nella società, protagoniste o comparse dietro una figura maschile ingombrante.

La donna si trova a fare i conti con se stessa, con i primi segni del tempo e inizia a un’analisi della propria vita e della relazione con il proprio uomo, a riflettere sulle sue presenti e veraci gratificazioni, ma anche sulle mancate soddisfazioni, nostalgie e  carenze affettive. Storie di donne che a volte si rassegnano ad una supina accettazione del tempo che rifugge, su ciò che è stato e sarebbe potuto accadere; su un’esistenza che avrebbe potuto vivere diversamente. Donne che non hanno avuto potuto o voluto avere figli e hanno vissuto questa condizione ora come condanna, ora come liberazione; talvolta riescono a convivere con questa condizione e a trovare un loro equilibrio.

E poi c’è l’amore libero, vissuto senza vincoli né stereotipi; e ancora quello trasgressivo, prigioniero, maltrattato, privato della sua intimità, esibito nella totale mancanza di pudore o al contrario eccessivamente pudico, tanto riservato da non rendere partecipi nessuno, neppure in caso di violenza subita. O al contrario donne che hanno il coraggio di mettersi in discussione, affrontare le loro paure e sovvertire i retaggi del sentire comune, di un amore abitudinario che accetta le continue prevaricazioni affettive e sessuali, in nome di una paventata tranquillità familiare. E poi c’è chi considera la diversità tra uomo e donna  con ironia e spensieratezza, senza la pretesa di catalogarle con ponderosa rigidità.  L’universo femminile è eterogeneo e policromo, con tinte alcune volte fosche, altre limpide e sgargianti, ma sempre meraviglioso nella sua complessità. La serata si è conclusa con “Bella Ciao”, il canto delle Mondine, che inneggia all’affrancamento da ogni condizione servile.

Marianna Gianna Ferrenti

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Marianna Gianna Ferrenti
Sono una giornalista pubblicista lucana. Dopo alcune esperienze sul territorio, ho allargato gli orizzonti, affacciandomi nel 2012 al mondo del social journalism. Laureata magistrale in Scienze filosofiche e della comunicazione, dopo un corso di Alta Formazione in Graphic Design ed Editoria digitale, finanziato dal Fondo Sociale Europeo, ho arricchito il mio background con competenze tecniche nell'ambito della scrittura digitale

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