InterNos Le Courtmétrage è parte di un progetto più ampio a cui il regista Roberto Pantano e la sceneggiatrice Annamaria Zevola stanno lavorando, ovvero il progetto InterNos, un prodotto cinematografico che oramai è giunto ad una sua maturità narrativa.
E’ una storia che racconta uno spaccato di vita, in cui il reticolato dei rapporti è sempre più sottile; la percezione di sé è proiettata non verso l’Io, ma verso l’Ego: si guarda a se stessi come individui e ci si riflette nella propria autoreferenzialità. In realtà, è il racconto di come la dimensione del “doppio” possa trascendere qualsiasi interpretazione psicoanalitica, guardando a Se stesso e all’Altro da sé con gli occhi cinici di una realtà povera di sentimenti, ma al contempo complessa e machiavellica.
Abbiamo messo a confronto il punto di vista dei due ideatori ed artefici di quello che più di ogni altro aspetto è un progetto sociale che vuole far riflettere sulle fragilità dell’uomo che anziché essere affrontate vengono nascoste ed imprigionate nella corazza di una impenetrabile onnipotenza che volge all’elogio della banalità e della ovvietà.
Puoi raccontarci il duplice intreccio tra le vicende di due personaggi Lucio e Marcello. Come nasce questo binomio?
Tutto nasce dalla sceneggiatura di un lungometraggio, InterNos Une Histoire sans espoir, nel quale il personaggio principale, Marcello, appassionato di cinema sin da bambino, legge ai suoi amici la sceneggiatura di un film da lui scritto che li vede protagonisti. Inaspettatamente Marcello finisce per scatenare una serie di reazioni che danno voce e corpo a vecchi rancori nascosti nel corso degli anni. Accanto a Marcello, un ruolo di primo piano riveste anche Lucio, un insegnante di italiano residente in Francia, personaggio con una personalità borderline che rappresenta la parte malsana dell’individuo e della società, quella che cerca di essere sempre più furbo degli altri e di prevalere con comportamenti e reazioni subdole.
Lucio quindi mette in atto il suo suicidio, architettato, meditato e programmato, e ne dà l’annuncio ai suoi amici. La notizia però anziché suscitare in loro compassione e autentica comprensione, viene assecondata e addirittura il personaggio viene sbeffeggiato. C’è una dimensione sempre più superficiale dei rapporti umani, e questo fa comprendere come nella società contemporanea i rapporti vengono vissuti in una dimensione sempre più legata all’apparenza…
Lucio si sente vittima di un sopruso, e questo gli fa vivere un profondo disagio. Di contro, gli amici decidono di vendicarsi spogliandolo materialmente e moralmente. Ecco perché parliamo di fragilizzazione, di impoverimento dei rapporti umani, che ci rendono sordi a richieste di affetto e di attenzione: troppo spesso si pensa solo all’esteriorità, si chiede all’altro “come stai” senza realmente interessarsi ai sentimenti e agli stati d’animo delle persone.
Lucio quindi è carnefice e vittima al tempo stesso, o meglio è un carnefice che diventa vittima, e in ultimo riesce a riscattarsi con un finale inaspettato…
Esatto. Il suicidio non è inteso come un gesto di sconfitta, ma come una sfida non solo nei confronti degli amici ma anche verso se stesso. Diventa uno strumento attraverso il quale Lucio scopre un nuovo modo di vivere i rapporti e di approcciarsi all’umanità e ai sentimenti umani.
Un nuovo modo di approcciarsi all’umanità che però non è propriamente edificante. La vera natura di Lucio, infatti, viene fuori attraverso un artifizio. Comportamenti scorretti generano una reazione scorretta e viceversa. Secondo lei, non rappresenta anche questo uno dei motivi della decadenza della società contemporanea, ossia ci si comporta di conseguenza ad un atteggiamento indotto da altri e quindi in modo non spontaneo?
Io credo che la decadenza della società in cui viviamo sia frutto di molteplici fattori: l’omologazione del pensiero, delle azioni, degli atteggiamenti..la spettacolarizzazione e l’assuefazione alla volgarità, al trash, alla morte..l’esaltazione dell’individualismo, inteso come supremazia del nostro ego, per cui si pone sempre meno attenzione alle istanze del prossimo. Tutto ciò credo abbia generato il capovolgimento di alcuni concetti essenziali, come il male e il bene, il giusto e l’ingiusto, il vero e il falso.
Quali sono gli spunti che vi hanno spinto a scrivere sia il cortometraggio che il lungometraggio?
InterNos Le Courtmètrage è stato realizzato anche per attrarre l’attenzione sul lungometraggio InterNos Une Histoire sans espoir, per stimolare la fantasia degli spettatori e anche metterli a nudo davanti a loro stessi. Il cortometraggio contiene molti riferimenti al lungometraggio, senza però svelarne il contenuto. Il cortometraggio è stato presentato in numerose proiezioni pubbliche, partecipazioni a concorsi e festival, come il Festival Internazionale Itinerante CinemaDaMare, nel quale è stato proiettato in selezione ufficiale nella tappa di Erice(Tp). È stato presente allo Young Film Market dell’ultima edizione del Social World Film Festival (ndr. La Mostra Internazionale del Cinema Sociale di Vico Equense, nella penisola Sorrentina) dove è stato visto da una platea di produttori e addetti ai lavori, ottenendo buoni riscontri. Si è aggiudicato il Premio Best Producer al MedFf, Mediterranean Film Festival di Siracusa, durante le competizioni del mese di Agosto 2017 e parteciperà l’anno prossimo all’evento finale a Siracusa. Siamo in concorso al Roma Web Fest 2017 e saremo in proiezione al Museo Maxxi durante le giornate del Festival, e attendiamo esiti di altre selezioni. Nel frattempo è stato proiettato a Portici, in provincia di Napoli, presso la sede dell’Associazione “Libera” e a Cassino, in provincia di Frosinone, ospiti presso la Biblioteca Comunale in un convegno sul tema “Cinema e psicologia delle emozioni” organizzato dal Comune di Cassino. Per ciò che riguarda il lungometraggio invece, siamo in contatto con alcune case cinematografiche interessate alla realizzazione.
Parliamo degli aspetti tecnici: sceneggiatura, ambientazione, luoghi in cui è stato girato…
Inizialmente doveva essere girato in Francia e precisamente a Marsiglia, che è il luogo in cui il vero “Lucio” vive ed insegna italiano. Poi all’improvviso Lucio viene meno ad alcuni accordi e per “rappresaglia” Roberto (il regista) decide nel corto di “ucciderlo”. Nella realtà il corto è stato girato a Monterotondo, in provincia di Roma ma è ambientato nel quartiere romano storico del Quadraro, dove Roberto vive, a ridosso di Cinecittà; un quartiere noto come “Nido di Vespe”, ovvero covo di partigiani e oppositori al regime fascista che fu teatro di un terribile Rastrellamento nell’Aprile 1944 ad opera delle truppe tedesche e per il quale è stato insignito della Medaglia d’Oro al Valor Civile.
Parliamo di te Annamaria. Puoi farci un quadro della tua biografia e della tua attività di sceneggiatrice? Da dove nasce questo impulso verso la scrittura e il cinema?
Sia io che Roberto veniamo da due mondi completamente lontani dal cinema. Personalmente sono laureata in Scienze politiche e in passato mi sono occupata di gestione di appalti, lavorando presso società private e pubbliche. Tuttavia ho sin da piccola coltivato la passione per la lettura e la scrittura, frequentando corsi di giornalismo e scrivendo per varie piccole testate. Un giorno ho incontrato tramite amici Roberto che, pur essendo un professionista nel settore della ristorazione, ha da sempre coltivato la passione per il cinema e aveva già scritto alcune sceneggiature. Ci siamo trovati sulla stessa lunghezza d’onda e abbiamo cominciato a scrivere insieme.
Quali sono i maestri del Cinema a cui vi ispirate?
Ne potrei citare tantissimi: Hitchcock, Wenders, Polanski, Buñuel, sono tra i registi con cui alcuni critici hanno riscontrato un filo rosso per via di una sorta di rovesciamento dei canoni che emerge nel nostro cortometraggio, nel quale il confine tra il bene e il male è molto sottile. Ovviamente ci hanno influenzato tanti registi ma abbiamo cercato di dare la nostra impronta personalissima, raccontando le cose con semplicità.
Marianna Gianna Ferrenti