Intervista di: Gabriele Vinciguerra
Foto di: Gabriele Vinciguerra
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The end of an era è il titolo dell’album dei Never obey again.Graffiante, melodica, intensa e drammatica allo stesso tempo, lei è Carolina la frontwoman  della band. Con la sua vocalità ci conduce nel loro mondo fatto di sonorità, di emotività, trasporto, dolore e rivalsa. Sonorità realizzate da veri e propri musicisti, attenti ad ogni piccolo particolare sonoro, scenico e compositivo. Cinque talenti, cinque fuoriclasse che musicalmente hanno saputo fondere il DNA di ognuno, creando l’equilibrio perfetto.

Never obey again: non obbedire mai più.
Alex: chitarra – Carolina: vocalist – Alessandro: chitarra
Matteo: batteria – Cristiano: basso

Come vi sentite nel pubblicare il vostro primo album? Quali sono le vostre aspettative?
SUPER EMOZIONATI! Un progetto del genere non è una cosa da tutti i giorni ma il sogno di una vita. Non abbiamo delle vere e proprie aspettative da questo album. Sappiamo di dover lavorare tanto per raggiungere i nostri obiettivi. La speranza è quella di arrivare a più persone possibili. A nuovi fans che possano rispecchiarsi nella nostra musica.

Qual è stata l’ispirazione dietro la creazione di questo album? Cosa volete comunicare con la vostra musica?
Dopo varie esperienze musicali di diversa natura, tutti e 5 avevamo bisogno di creare un qualcosa che ci rappresentasse davvero senza limitazioni. È come se l’album si sia creato da solo. Il bisogno viscerale di unire le varie influenze che per una vita hanno condizionato il nostro percorso artistico era tanto.
Ecco perché la nascita di “the end of an era”

Qual è stato il processo di scrittura e registrazione per questo disco? Ci sono state sfide particolari lungo il percorso?
In realtà è accaduto tutto in maniera molto naturale. Alessandro aveva già tantissimi brani validi in cantiere. Carol qualche linea vocale. L’incontro con il secondo chitarrista e producer Alex ha dato vita alle tracce. Un mix vincente dei due che ha reso possibile la nascita di qualcosa di davvero molto personale.

Come descrivereste lo stile musicale di questo album? Ci sono influenze o generi specifici che avete cercato di incorporare?
Sai che facciamo fatica a definire il nostro genere musicale? Fa sicuramente parte della scena heavy. Alcuni brani sono più metal altri suonano più rock. Le influenze sono molteplici. Siamo super fan della scena Metalcore (bring me the horizon, architects , Bad Omens ecc). Gli evanescence e i Linkin park hanno sicuramente influenzato la nostra gioventù. Amiamo anche tanti gruppi hard rock e nü metal. Impossibile citarli tutti.

Quali sono le canzoni che sentite rappresentino meglio l’essenza di questo album? Perché?
Tutte quante. Ogni singolo brano rappresenta una parte di noi, del nostro lato artistico, del nostro modo di essere. Non c’è una traccia che sentiamo nostra più di un’altra. C’è davvero un po’ di noi in ognuna di esse.

C’è una canzone in particolare che vi ha dato più emozionato nel comporla o registrarla? Qual è la storia dietro quella canzone?
Parlo per me (Carol). “The storm” mi ha emozionato tantissimo. Sarà per la tematica molto importante ma è anche la prima traccia che abbiamo buttato fuori. Mi bastano le prime due note per aver i brividi. È stata scritta in un momento molto delicato delle nostre vite , durante il Covid e lo scoppio della guerra in Ucraina. Ci siamo immaginati come potessero sentirsi quelle persone che dall’uno al due hanno visto cambiato il loro destino. Per colpa di decisioni che ha preso qualcun altro. È assurdo anche solo pensare che qualcuno che sta in alto si diverta a giocare al Monopoli con le vite umane.

Come avete affrontato il processo di produzione per questo album? Avete lavorato con un produttore esterno o lo avete autoprodotto?
Il disco , così come i video  dei brani (escluso “The Storm”) , è interamente auto prodotto. Venivano fuori delle linee vocali o degli arrangiamenti fighi, si andava in studio e si registrava.

Quali sono le tematiche principali che affrontate nelle vostre canzoni su questo disco?
Chi di noi scrive i brani , ha un animo molto sensibile. Sentivamo il bisogno di buttare in musica dei sentimenti forti che faticavamo ad esprimere a parole. Si parla di esperienze di vita. Di “addiction” di diversa natura. Di persone che in passato ci hanno fatto del male e continuano a farcene. Di sogni e di rimpianti. Di vita. Di sogni.
Temi attuali nei quali chiunque possa rispecchiarvisi“.

C’è qualche aneddoto divertente o interessante che potete condividere riguardo alle sessioni di registrazione o alle esperienze che avete vissuto durante la creazione di questo album?
Basti sapere che le prime tracce, non avendo ancora un vero e proprio studio, Carol, le ha registrate cantando sotto una coperta con 50 gradi fuori!

Come pensate che il vostro sound si sia evoluto da quando avete iniziato come band fino ad oggi, con l’uscita di questo primo disco?
Credo che questo disco rappresenti, si, solo l’inizio ma anche un punto d’arrivo. Dopo tante esperienze è incredibile come, dopo il nostro incontro come band, tutto abbia preso forma in maniera naturale, combinando ogni nostro bagaglio artistico ed emotivo alla perfezione.

Il sound è nato con noi. Non da una precedente formazione che poi ha successivamente chiamato dei turnisti ecc. Non da un copia e incolla di altre band.

Tutto quello che sentite è esattamente un mix di ogni singola parte di noi.
Per questo , per noi, never obey again, rappresenta ogni cosa. Perché non è solo una band, ma una vera famiglia, un sogno gigante ed ambizioso. Un epilogo delle nostre esperienze artistiche. La fine di un’era è l’inizio di una nuova.

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Gabriele Vinciguerra
L’obbiettivo del fashion photographer Gabriele Vinciguerra, è quello di emozionare! Eclettico nell’interpretazione delle esigenze del cliente, attraverso immagini artistiche, accattivanti dall'identity univoca. L’alta moda è il suo focus. Un mondo irrinunciabile, un’ossessione perseverante soddisfatta solo quando fotografa. Le capacità tecniche sono importanti. Tuttavia, l’anima, l’intensità e la sensibilità che ha nel saper cogliere ciò che inquadra con la macchina fotografica, lo rendono diverso. “La fotografia non è un lavoro, è una necessità intrinseca della sua anima. Una maledizione e una fortuna che rendono unica la sua espressione artistica

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