in questo mondo ci sono due tragedie. Una è il non aver ciò che si desidera, l’altra è l’ottenerlo
Oscar Wilde

Ma quella di cui sto per parlare è tutt’altro che una tragedia, è il coronamento di un sogno, è la storia di qualcuno che con i propri sacrifici e l’impegno per smorzarli ha dato vita a qualcosa che è lo specchio su cui riflettono sogni e aspirazioni non capiti, ma voluti, desiderati; col fine di far riemergere un passato non troppo  <<passato>> che la riportasse ad uno stato di serenità, a metà tra l’empatia e qualcosa che la riportasse all’interno di meccanismi già vissuti, già colmati, già capiti.

Alla fine, la nostra protagonista, quella tragedia è riuscita a scalfirla, contrastarla, dando vita a qualcosa di gratificante, piuttosto che sognato.

La moda è sempre stata per Flavia Pinello, stilista siciliana emergente, una passione più che il compimento di un’ideale. Ma non solo. Fu proprio la nonna, attraverso il ricordo di tempi vissuti per la famosa sartoria Italiana delle “Sorelle Fontana”, la creatività, lo stile e un continuo taglia e cuci per inventare costantemente “l’abitino della domenica” quello che avrebbe indossato nei giorni di festa, a suscitarle quel ineluttabile attaccamento per il mondo, che lei, con tanti sacrifici, oggi ne fa parte.

Crescendo però ha iniziato a comprendere e ad assimilare il concetto che il mondo della moda propriamente detto è lo specchio che riflette il suo modo di vedere le cose, è il modo di esprimere il proprio punto di vista su un concetto, una tematica etc. , attraverso il suo stesso lavoro: la creazione di abiti, che vengono fuori da dei veri e propri “flussi di pensiero”.

In modo alquanto sereno, ma con discrezione, ci riporta a quando compii i primi passi in quel mondo che le avrebbe riservato in futuro tantissime soddisfazioni. Proprio perché le soddisfazioni sono in grado di renderti felice, entusiasmato, e forse anche qualcosa di più, solo quando dietro c’è la costanza, la determinazione di un progetto sognato, faticato e portato avanti con quei sacrifici che sono le virtù di persone autentiche, semplici, vere; che proprio perché definite in tal modo, sapranno raccogliere la quantità di frutti che meritano. Loro non si soffermeranno mai sulla quantità, ma si appresteranno a giudicarne la qualità come un qualcosa che identifichi il prezzo del lavoro svolto.

Il lutto di sua nonna la aprì con riserbo a quel mondo fatto di stoffe, ago e filo; forse per colmare quel vuoto che le aveva procurato la mancanza di una donna che le aveva “tramandato” l’eleganza e lo stile che rendono le persone vive, e piene di fascino.

Lo fece quando trovò in camera di sua nonna, all’interno di una vecchia cassa impolverata dei vecchi cartamodello. Le lacrime non riuscirono a fermare l’entusiasmo per aver trovato un oggetto di cosi importante valore affettivo, ma ben presto dovette fare i conti con il fatto che non aveva mai imparato a cucire, forse perché troppo impegnata a studiare i passaggi sognanti della nonna mentre si apprestava a ricucire con ago e filo due lembi di stoffa, attraverso gestualità note che sanno di un rito antico imperscrutabile.

Furono anni, i seguenti, che dovette fare i conti con l’infrenabile volontà del tempo e del duro lavoro. Tra sveglie la mattina presto, pasti repentini, insonnie notturne e con una dose di entusiasmo e volontà furono solcati tanti traguardi e il compimento di corsi, stage, tirocini e apprendistato presso vari atelier.

Fino a quando, dopo l’Università iniziò a smorzare quel carattere che l’aveva contraddistinta presso i vari atelier  e cominciò a far conoscere le sue creazioni con il proprio logo Modart di Flavia Pinello, il raggiungimento di un’altra tappa, ma non dell’ideale. Perché se c’è una cosa che deve contraddistinguere da chi lavora per la quantità, e chi, invece, per la qualità è il non sentirsi mai all’apice del successo, forse superiore alle aspettative preposte, ma mai oltre quel livello di discrezione che rende tutto ben smorzato e non ancora ben definito.

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Come in ogni favola che si rispetti, anche nella vita di Flavia un principe azzurro è presente, e sempre stato pronto a tutto pur di stare al suo fianco, credendo in lei e prestandole aiuto nelle sue iniziative. Perché, come ci ha raccontato lei stessa, i turni tra studio e lavoro non le consentivano di vedere qualcuno per una passeggiata in centro, piuttosto che per vedere un film; e sono proprio in questi momenti che gli amici veri, e le persone che credono veramente in te, arrivando ad amarti, si distinguono. Perché l’amore come l’amicizia richiede coraggio, coraggio di credere in un’ideale che è lo specchio che riflette ciò che siamo, e il pretesto per ciò che vorremmo che fossimo.

Tanti momenti di sconforto lasciarono il posto per qualcosa che la proclamò stilista, quando le persone cominciarono ben presto, in tanti, ad accorgersi di lei; e questo credo è il regalo più grande che si possa ottenere.

Nell’estate del 2013, in occasione della finale nazionale di Gela di un concorso di moda, ha fatto sfilare in passerella un abito sartoriale dipinto da Ketty Barbante, unica allieva del maestro Guttuso e pittrice di fama internazionale, quotata negli annuali d’arte.

L’abito fu una rivelazione, e entusiasmò il pubblico della serata, a tal punto da riproporlo in una località di fama mondiale: Taormina, la Porto Cervo Siciliana.

Sedette in terza fila, poco distante da Coveri, e fu allora che alla stregua di tanti stilisti di fama mondiale che erano stati invitati alla serata, alzando gli occhi in quel cielo cosparso di stelle, il suo cuore provò una sensazione a metà tra la gioia e lo stupore, per essere il riflesso di qualcuno da lei amata.

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Stefano Fiori
Stefano Fiori. Questo è il nome. Di solito non mi piace scrivere di me, la trovo pura esibizione di se stessi, ma è anche un modo per farmi conoscere ai lettori di ALPI FASHION MAGAZINE. Non mi reputo un ragazzo come tanti, e fin da piccolo ho coltivato l’idea che trascorrere del tempo con se stessi, con la propria individualità fosse un fatto affascinante, e da cui ne sto traendo qualche frutto. Scopri cose di te stesso, che probabilmente mai nessuno saprà mai. Impari che persino il silenzio ti entusiasma, ma non quanto il rumore, che insieme hanno la particolarità di avvolgere la sensibilità che ti sei creato nel tempo. I libri sono sempre stati il mio nutrimento, la mia più grande ispirazione. Mondi nel quale rifugiarsi e vivere quando non sopporti più l’idea di vivere in silenzi immensi. I libri sono colore, uno per ogni stato d’animo. Il sorriso la mia caratteristica. Non c’è una fotografia, un vecchio filmato nel quale io non sorrida. Sono sempre stato un bambino sereno, nel senso che la mia eleganza consisteva, fin da piccolo nel procedere a passi felpati, per paura di disturbare, persino a casa mia, quello che poi sarebbe diventato il più grande regno degli amori, più che di semplici affetti. Col tempo scrivere è diventato quel modo di colmare quei vuoti, nei quali dominava l’inconsistenza più assurda. Un modo per emozionarmi, e talvolta emozionare. Scrivere mi aiuta ad amplificare il dislivello tra l’essere e l’apparire. Ciò che mi definisce, almeno fino a questo punto è una sensibilità maturata col tempo, ed un amore per la bellezza, per l’arte, per i sorrisi. Mi piace pensare che queste tre cose siano collegate e possano in qualche modo rendere più autentiche in quanto più consapevoli le persone, che muovono il mondo e gli danno dinamicità e pregio, gli danno vita. www.newstilepublications.com

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