Canalizzare le emozioni negative e trasformarle in officine creative

Grande successo per il progetto S. Lamodaunisce, curato da Laura Valente e Paola Maddaluno alla Pinanoteca di Brera. Tanto che sarà ripresentato anche al Museo Madre di Napoli. L’inaugurazione è prevista per il 25 luglio 2019 alle ore 19.30. E’ promosso dalla Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee della Regione Campania insieme con LESS (Società Cooperativa Sociale A.R.L. – ETS). L’evento, inoltre, rientra nel più ampio progetto XXI-Madre per il Sociale Edizione 2019. Ha come obiettivo quello di portare alla luce le storie e le “vite dei migranti“. Un tema di grande attualità che purtroppo squarcia e lacera le cronache dei nostri tempi. A volte cozza con la sensibilità umana, altre volte invece tende ad essere tragicamente ignorato. Ed è questa indifferenza che si presenta come ancor più sconcertante della violenza in sé. Quella violenza scandita dagli intrecci di esodi forzati e di vite mercificate. Ancor più inqualificabile è il voltarsi dall’altra parte e far finta di non vedere.

Meglio parlarne, dialogare, raccontarle che tacere. Tuttavia è ancora meglio farlo non con l’ormai consueto impeto “cronachistico” perpetrato dai mass media. Travalicare dunque la cronaca per entrare nelle profondità dell’Io, nell’animo di queste persone che hanno vissuto drammi inenarrabili. Per ciò, la moda, l’arte e il design possono essere un buon viatico per entrare nelle pieghe dell’inconscio ed esternare l’indicibile. Proprio perché l’arte è l’espressione dei sentimenti e delle emozioni recondite e l’artigianato, la manifattura è la costruzione del prodotto finito, all’interno del quale però si racchiude un dolore che non ha mai fine.

Arte, manifattura e design sartoriale rigorosamente artigianale

Il linguaggio della moda, in particolar modo, nelle pieghe dei tessuti tende a narrare l’inenarrabile. Tende a dispiegare le piaghe degli orrori, la memoria di esistenze in parte distrutte e in parte ricostruite e riscattate dal coraggio e dalla dignità. Ecco perché è importante portarle a conoscenza. In tal senso, nasce un laboratorio aperto all’interscambio e all’orizzontalità dei rapporti. Laboratori in cui non esistano ruoli di superiorità, ma dove esistono pari opportunità. Si tratta dunque di vere e proprie fucine creative, dove però non si insegna solo l’arte manuale.

Non solo l’abilità nel realizzare oggetti ma anche e sopratutto la conoscenza sull’importanza dell’integrazione e della accettazione delle diversità culturali come ricchezza acquisita. Gli artefici sono per lo più giovanissimi richiedenti asilo politico e provenienti dalla aree più povere della terra. Senegal, Mali, Costa D’Avorio, Nigeria, dall’Africa, insomma. Migranti economici dunque, ma anche tempestati dalle peggiori e sanguinarie guerre civili in atto. Naturalmente, con il tempo quella che era una embrionale Officina di Idee, pur mantenendo originari i suoi valori, ha cambiato pelle. Si è professionalizzata grazie ad alcune competenze di élite.

Tra i nomi eccelsi Syll Cheikh, Toure Moumouni, Zainab Lokman, Ozah Faith, Mamadou Keita, Adama Kouyate, Obagho Rhoda. Professionalità internazionali provenienti dall’altissima sartoria artigianale, dal settore tessile-manifatturiero e dall’abbigliamento, unite alle competenze umane e socio-assistenziali degli operatori Less. E in più, la partecipazione e il supporto di grandi aziende italiane garantisce il più possibile la qualità del “Made in Italy”. Il contributo dello stilista d’eccezione Stefano Chiassai per la realizzazione della collezione ES è la ciliegina sulla torta. “Es” come la dimensione pulsionale che nel linguaggio psicoanalitico rappresenta l’espressione dell’estro e della libido, canalizzato nel linguaggio creativo della moda.

Tra “Made in Italy” e rispetto delle tradizioni africane

Gli “oggetti cuciti” manifestano da un lato un ancoraggio alla identità estetica tipicamente “africana” in ossequio ai costumi del luogo. Dall’altro lato, l’attenzione ai dettagli e l’accuratezza del design è tipicamente italiana. La collezione si incentra attorno a un’opera in particolare, quella dell’artista Mimmo Paladino. Un design originale che conchiude e al contempo fa esplodere una vertigine di colori e di forme, che rispecchia il vortice di emozioni forti e talvolta conflittuali che, però, collimano in una armonia di fondo. Un mix esplosivo che propone allo spettatore una sfaccettata prospettiva una stratificazione di etnie che impone di andare oltre lo sguardo.

La squadra di lavoro laboratoriale

A cura di Laura Valente e Paola Maddaluno

Art Direction Stefano Chiassai; Less Daniela Fiore; Antonella Zarrilli, Limam Baba; il coordinamento organizzativo da Simona Manzi; Amici del Madre – Sponsor; Cesare Attolini S.p.a.; Isaia e Isaia S.p.a.; Livio De Simone; Sartoria Formosa; Amina Rubinacci; Tramontano; Amici del Madre Fornitori ufficiali Bernasconi tessuti-Biseta; Emmetex; Gruppo Uniesse S. p. a.; LAMPO by G. Lanfranchi S. p. a.; Donors; Bernasconi tessuti-Biseta; Mimmo Paladino; Nuova Libra Editrice; SCS – Studio Stefano Chiassai

Marianna Gianna Ferrenti

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Marianna Gianna Ferrenti
Sono una giornalista pubblicista lucana. Dopo alcune esperienze sul territorio, ho allargato gli orizzonti, affacciandomi nel 2012 al mondo del social journalism. Laureata magistrale in Scienze filosofiche e della comunicazione, dopo un corso di Alta Formazione in Graphic Design ed Editoria digitale, finanziato dal Fondo Sociale Europeo, ho arricchito il mio background con competenze tecniche nell'ambito della scrittura digitale

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