Il mondo del cinema non è sempre fatto di lustrini, macchine da urlo e ville in California. A volte bisogna andare negli inferi per rivedere la luce. Questa è la storia di Fabio Bastianello, un Regista neorealista anche nella vita di tutti i giorni.
Come si diventa registi?
Beh, diciamo che partendo dall’essere essere visionari, sensibili, pazienti, curiosi, amare lo studio, la ricerca, avere un occhio attento, essere sempre aggiornati, dare valore alle cose che si fanno quotidianamente e soprattutto, come diceva Ermanno Olmi (mio Maestro e Mentore) “bisogna essere responsabili di ciò che si comunica” sono sicuramente tra le caratteristiche principali. Fare cinema è come fare un viaggio senza tempo, dove non si smette mai di studiare, perché appartiene al passato, quanto al presente. Fin da piccolo ho manifestato la mia creatività disegnando sui bordi del quaderno animazioni che evocassero il frame della pellicola. Oggi dico: Un regista è colui che ha la capacità di tradurre quelle visioni o storie in realtà.
Esistono delle differenze tra chi fa cinema in Italia e cinema ad esempio negli Stati Uniti?
La cultura è alla base delle diversità. L’America è affascinante, le piace mostrare i muscoli e mostrarsi con energia sia da un punto di vista economico che artistico. Come un insaziabile bisogno nel dover quantificare il maggior numero di produzioni possibili. Un inarrestabile scadenziario volto a generare quell’effetto WOW che tanto li contraddistingue. Tuttavia, penso che la corsa ai numeri vada a scapito di un altro elemento importante: la consapevolezza che nella sostanza fatta di maturità, prescinde i mezzi a disposizione. Ecco perché noi italiani siamo stimati in tutto il mondo, sappiamo vivere con dignità con o senza soldi, perché la nostra ricchezza interiore è il nostro valore più grande.
Nel tuo caso è un lavoro, uno stile di vita o cosa?
Il mio lavoro è la mia vita e ti confesso, che spesso è causa di problemi con gli altri. È una mia scelta essere aperto al mondo, per essere sempre pronto agli stimoli, ma di tanto in tanto sento il bisogno di un luogo dove concedere a me stesso, mio figlio e la compagna che verrà, una vita per così dire…: “normale”. Il mio modo di essere è stato anche la la causa di chiusure di rapporti importanti a cui tenevo e tengo. Un lavoro fatto di incertezze e di catalizzazioni sia cosmiche che emotive, una lotta continua tra il voler fare ed il poter fare. Spesso genero frustrazioni, perché essendo un visionario arrivo sempre prima che le accadano, di quasi 10 anni.
La maledizione di Cassandra sembra essere stata scritta per noi registi e sognatori.
Perché Hollywood è così ambita?
L’America ha saputo, fin dall’inizio del cinema, trasformare un sogno in una grande industria produttiva costruendone la Capitale più ambita. Hanno capito fin da subito il potere dei sogni e quello di far sognare. Hollywood è stato il primo catalizzatore e divulgatore del sogno americano. Non è detto che non sia nato inizialmente solo come sogno ed il crederci del pubblico lo abbia trasformato successivamente in realtà.
L’Italia ha veicolato la propria cultura fatta di ruralità e di poche famiglie imprenditoriali, attraverso dei docu/film in chiave Neorealista. Se fate attenzione, ancor oggi nelle scelte dei progetti produttivi italiani compare pochissimo la componente fantastica o di pura fantasia. Senza parlare dei budget messi a disposizione nei progetti, ma quello è sotto gli occhi di tutti.
Cos’è cambiato in te artisticamente nel tempo?
La consapevolezza. Ho studiato presso l’ipotesiCinema a Bassano del Grappa e all’Istituto d’Arte di Cordenons (PN).
14 anni fa con la morte di mio padre, la mia vita è cambiata ponendomi obiettivi diversi. Prima lavoravo esclusivamente come creativo pubblicitario e successivamente per riprendere in mano la mia vita sono dovuto scendere fino agli inferi toccando il fuoco del più basso… .
Avevo perso tutto! La famiglia i soldi e la dimora. Ma non avevo perso me stesso. Anzi! Quando non hai più nulla e sei nudo… sei forte… invincibile, ed è così che ho ritrovato la mia strada che avevo perso per necessità primarie, e come un illuminato sono risalito in superficie, determinato e consapevole dei miei talenti e soprattutto dei miei limiti. E così anche il mio modo di vedere le cose si proietta in quello che faccio. Cercando di trasferire la mia visione in modo crudo, vero ed emozionale. Faccio il tifo per gli eterni secondi, per quelli che combattono ogni giorno più dei primi, o per tutti quelli che spinti dalla sola passione fanno cose eccezionali.
Oggi alle soglie dei 50anni ho maturato la tecnica e l’esperienza per affrontare progetti ancora più ambiziosi, magari non legati solo all’Italia.
Quanto è stressante fare un film?
Tutto dipende a che livello e profondità vuoi lavorare. Personalmente, sono molto attento al dettaglio e mi piace far sentire gli attori a proprio agio. Infatti, oltre a fare il regista insegno vari metodi di recitazione. Nel mio caso oltre alla regia, mi occupo spesso della produzione e delle problematiche legate alla logistica, ed in questo caso lo stress è ai massimi livelli. Di norma le persone come me vengono dichiarati: cineasti.
Festival del Cinema di Cannes e di Venezia, come è stata l’esperienza?
Sapere che la propria opera sarà rappresentata presso questi festival è molto importante per non dire fondamentale per un regista, e non ti nascondo che l’emozione è stata tanta. Soprattutto perché sei sotto i riflettori e gli occhi delle persone più importanti del settore, ed un loro giudizio è determinante. Che impressione avrò dato? Quale sarà l’effetto? Ecco questi sono gli interrogativi che mi pongo ad una prima delle mie opere. Ci saranno applausi o silenzi? Se potessi scegliere, il finale che preferisco è il silenzio preceduto dall’applauso, come la riflessione prima del compiacimento. Fino ad ora è sempre andata così. Nonostante i miei film siano stati prodotti con budget limitati, hanno sempre avuto un grande riscontro della critica. Il Festival del Cinema sia di Cannes che di Venezia sono un momento topico per il mondo della cinematografia ed averne fatto parte ha generato in me un’emozione indimenticabile.
Dalla metropoli cittadina di Milano hai fatto una scelta residenziale più defilata. Come mai?
In realtà io sono di origini friulane e fino a 24 anni ho vissuto la. Spesso mi mancano le mie montagne e gli spazi aperti. Per anni ho vissuto in centro Milano, con tutte le sue comodità, ma anche le sue contraddizioni. A volte ho la sensazione che non esistano cittadini che tengano alla propria terra in una città, possono deturpare o sporcare perché tanto non la sentono propria per mancanza di senso civico.
Mentre in Friuli la cultura del territorio e delle tradizioni è molto forte tanto che da noi si rimprovera persino chi getta un mozzicone per terra. Ecco perché oggi ho scelto sia la comodità, che l’aria aperta in un contesto magico e creativo pur essendo vicino al mio ufficio. Un posto che non rivelo perché sempre di più ci tengo alla mia privacy.
Progetti futuri?
Ho diversi progetti, di cui alcuni imminenti: sono in produzione con un film su temi sociali, un corto tra sociale e sportivo, un documentario sul codex, un film da completare, e 3 film da scrivere e girare. Uno di questi parla di una persona molto nota con cui ho avuto il piacere di condividere il progetto, tanto che ho già preparato il teaser proprio con lui. Mi auguro di avere sempre la forza di rimanere sulle mie idee e di elaborare pensieri e visioni diverse da quello che ci si aspetti.
Intervista di Gabriele Vinciguerra
Foto di Gabriele Vinciguerra