intervista e foto di: Gabriele Vinciguerra

Andrea Massaroni, musicista polifonico, cosa ti ha portato ad essere ciò che sei?
Mio nonno tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale aveva un negozio di strumenti musicali con annesso laboratorio e restauro. Nel 68 mio padre entra in azienda e nell’86 ad una settimana di vita ero in quello stesso laboratorio. Vivo da sempre in mezzo alla musica e agli strumenti musicali.

Quelli erano i miei giochi fin da bambino, ed ancora oggi vivo con la stessa curiosità nel ricercare tutto ciò che possa continuare ad alimentare l’ardore che ho per questo mondo. Amo l’ironia nel senso che cerco di non prendermi troppo sul serio, ma questo è un riflesso del fatto che ho studiato molto e continuo a farlo tutt’ora. Ma soprattutto, suonare: mi diverte un sacco.

©gabrielevinciguerra

Che cosa significa essere un musicista turnista?
Diciamo che quella del turnista non è una scelta che decidi così su due piedi. Prima di tutto mi considero un musicista che con il passare degli anni ha conosciuto delle persone, delle band che con le quali ha condiviso idee, esperienze, momenti.

Da lì in poi si innescano delle dinamiche per le quali nel caso in cui ad una Band servisse un musicista, mi viene chiesto di collaborare. Di norma accetto solo se condivido la loro mission musicale perché partecipo solo se mi piace la loro musica. Diversamente non accetto. Per questo motivo mi definisco un turnista anomalo ma nel mio essere musicista non potrei fare diversamente.

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Com’è la vita, la tua vita nel ricoprire questa figura professionale. Anche in virtù di contratti contemporanei con Band diverse?
La cosa assolutamente importante è l’organizzazione. Senza quella sarebbe inimmaginabile gestire le trasferte sia in Italia che all’estero. Soprattutto se si hanno contratti con più Band e l’attività di famiglia da portare avanti.

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Concerti in giro per l’Italia e non solo. Quali le altre mete che ti hanno portato fuori dai confini nazionali e con chi?
La prima esperienza che ho avuto all’estero è stata con una Band di Milano gli Sugar Ray Dogs che tra l’altro è durata pochissimo. Per la prima volta ho capito stando all’estero, l’importanza dell’organizzazione, della pianificazione e dell’avere una mentalità che stando nella propria zona di confort non puoi percepire.

Esci di casa carico del tuo ego, della consapevolezza di essere bravissimo e poi ti ritrovi a Berlino ed incontri il tuo omonimo che sa suonare la batteria in un modo che non ti aspettavi, che ha una mentalità ed un approccio che non ti aspettavi anche per la possibilità di confrontarsi con altri in un contesto sociale molto diverso dal proprio.

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Quindi sono tornato a casa per cominciare ad applicarmi in modo diverso, più coerente per essere un musicista più completo. Negli anni successivi questo approccio mi ha aiutato a crescere, a vivere ogni momento del tour come una continua fioritura professionale. L’esperienza dei Live è stata sicuramente tra le attività più evolutive che ho avuto nel vivere il ruolo di musicista.

C’è uno strumento con il quale ti senti veramente affine?
Sono diplomato in batteria ma devo ammettere essere di attratto dalle chitarre, che trovo molto sexy. Tanto è vero che ho una batteria e 15 chitarre. So che non mi fermerò, ma mi sto interrogando se questa attrazione sia generata da un disturbo.

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Hai intrapreso una collaborazione con il gruppo Musicale I Ministri. Come stai vivendo questa esperienza?
È stata una splendida esperienza, mi auguro ci sia un seguito e se non ci sarà, potrò dire di aver trovato degli amici con cui ci sto molto bene. A volte capita di incontrare delle persone, parlarci per dieci minuti e pensare di conoscerle da sempre.

Come a volte conosci delle persone da 10 anni ma in effetti è come se non ci si conoscesse. Con loro dopo due ore in trasferta è successa la magia, come se fossimo in giro insieme da 10 anni. Esperienza meravigliosa ma impegnativa perché I Ministri, sono una Band di spessore e di conseguenza le aspettative sono alte.

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Progetti a breve termine?
Stiamo producendo il nuovo album di Massaroni Pianoforti, nel frattempo stiamo producendo un nuovo album con i leggendari Kid Combo che uscirà tra la primavera e l’estate. Diciamo che nei peridi invernali ci si dedica molto all’attività in studio per dare spazio ai mesi più miti per le attività Live.

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Cosa vorresti fare da grande?
Non è mia intenzione crescere. La mia percezione temporale non va oltre i tre mesi… Non è nella mia natura pensare di fare progetti a lungo termine. Gli eventi degli ultimi tempi (vedi pandemia) ci hanno fatto capire che forse quella è una modalità che non possiamo più adottare.

Sembrerà folle ma so che se facessi scelte musicali diverse avrei opportunità diverse, ma è un aspetto che non è sufficiente. Folle o no, sono sereno di questa scelta. Ho la mia nicchia musicale, ho il mio seguito, ho il mio modo di essere. Che non è solamente estetico. Essere un musicista è uno stile di vita, dove il pensiero, la quotidianità, la visione sociale, sono l’incarnazione del mio essere.

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Gabriele Vinciguerra
L’obbiettivo del fashion photographer Gabriele Vinciguerra, è quello di emozionare! Eclettico nell’interpretazione delle esigenze del cliente, attraverso immagini artistiche, accattivanti dall'identity univoca. L’alta moda è il suo focus. Un mondo irrinunciabile, un’ossessione perseverante soddisfatta solo quando fotografa. Le capacità tecniche sono importanti. Tuttavia, l’anima, l’intensità e la sensibilità che ha nel saper cogliere ciò che inquadra con la macchina fotografica, lo rendono diverso. “La fotografia non è un lavoro, è una necessità intrinseca della sua anima. Una maledizione e una fortuna che rendono unica la sua espressione artistica

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