Il prossimo 6 marzo alle 19.30 per via satellitare sarà proiettata in diretta in 1500 sale cinematografiche internazionali la “Carmen”, il grandioso spettacolo teatrale proposti alla Royal Opera House di Londra e riproposto grazie alla regia di Barrie Kosky. Il ruolo di “Carmen” è interpretato dal mezzosoprano Anna Goryachova, mentre il ruolo di Don José è impersonato dal tenore Francesco Meli, “Micaëla” è incarnato dal soprano Anett Fritsch, mentre il basso-baritono Kostas Smoriginas veste il ruolo di “Escamillo”.
Lo spettacolo che andrà in scena su uno dei palcoscenici londinesi più prestigiosi al mondo, e approderà il 6 marzo anche sugli schermi del Teatro Don Bosco a Potenza, in Basilicata.
Sarà l’occasione per godere di uno dei cardini imprescindibili del Teatro dell’Opera ottocentesco, emblema di una magistrale orchestrazione di musica, arte scenica, costumi d’epoca, improntati ai valori melanconici dell’amore romantico, tragico, lacerante ed intenso; un’opera che quando fu proiettata per la prima volta nel 1985 fu l’oggetto del contendere di una opinione pubblica borghese e perbenista, poco incline agli scandali della sommossa.
Per la prima volta affiorava l’urlo della emancipazione femminile; un’opera teatrale tradizionalmente destinata alla nobiltà si faceva invece paladina di un ideale di donna che si ribellava alla brutalità dell’uomo prevaricatore; un fremito precoce destinato a naufragare nella immaturità dei tempi; di una società borghese che ancora tendeva a soffocare ogni afflato di vita che non fosse legato al coniugale “amor padrone”.
La “Carmen” è un’opera teatrale scritta e riprodotta musicalmente dal compositore francese Georges Bizet ,che ha scardinato gli schemi elitari del melodramma classico, aprendosi al popolo, con brani come “Habanera” e “la Canzone del Toreador”, riuscendo così ad oltrepassare lo zoccolo duro di una critica impietosa. La figura di Carmen è l’icona di una bellezza supera la prigionia della morte dell’anima per diventare eterea e perpetua, andando incontro però allo sfiorire del corpo e al suo definitivo annichilimento. È l’immagine di una imperitura tragicità della condizione femminile di oggi che, per quanto libera è ancora alla ricerca della propria indipendenza, e deve lottare contro i pregiudizi del proprio tempo, contro una mascolinità impotente che indossa la maschera della potenza prevaricatrice, tanto esteriormente violenta quanto interiormente fragile.
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Marianna Gianna Ferrenti