E’ una donna dalle mille risorse, Ester Campese. Amante dell’ arte fin da bambina, si avvicinata in primis alla danza e alla musica, e solo successivamente alla pittura.

Autodidatta, diventa fondamentale la permanenza in Brasile, dove nel 2000 sperimenta un uso del colore vivace con accostamenti talvolta inusuali. Le viene riconosciuto in una delle prime critiche questo uso del colore definendola colorista polimaterica.

Sperimenta – infatti – con un certo fervore nel percorso artistico l’utilizzo di vari materiali quali creta, juta, polvere di vetro, gesso, carta, acrilico, fino ad approdare alla tecnica olio su tela.

Ama l’astratto e gli slanci dei futuristi cui si ispira. In particolare quando si orienta verso le opere informali ed astratte si riferisce spesso ad Alberto Burri, Joan Mirò e Vassily Kandinsky. Ma non ditele di racchiudere il suo stile entro una netta definizione!

Si è affiancata a laboratori con altri artisti, di volta in volta, sia italiani che stranieri con cui ha potuto scambiare le varie e personali esperienze. In questo ambito si è spostata verso la tecnica olio su tela ed il figurato, mantenendo un legame verso i grandi maestri del passato cui si ispira ma reinterpretandoli in una chiave decisamente personale.

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Ester, prima di dedicarti anima e corpo alla pittura, se non erro, hai studiato pianoforte e danza…Che ricordi hai di quando hai compiuto tali studi?

Amavo e amo tuttora in maniera sviscerale la musica ma ancora di più la danza, rammento così che la mia maestra di musica mi sgridava perché aveva osservato che quando si trattava di fare la lezione ero pronta dieci minuti prima negli spogliatoi, mentre quando si trattava di studiare i solfeggi del pianoforte, poiché mi annoiavano, mi presentavo sempre dieci minuti dopo. Andò meglio quando passammo alle lezioni pratiche di piano, e a furia di sgridate imparai la puntualità, anche perché poi mi faceva recuperare i dieci minuti persi all’inizio delle lezioni! ( ride)

La musica oggi è uno dei canali più amati dei giovani, ma non quella classica. E’ davvero così secondo te? Che cosa si potrebbe fare per avvicinarli maggiormente a questo genere musicale?

Vivendo a Roma ho avuto la possibilità di partecipare a delle matinee domenicali all’auditorium della Capitale con il direttore d’orchestra Antonio Pappano che tra un brano e l’altro spiegava la melodia facendola poi meglio seguire nel corso della successiva esecuzione. E’ sorprendente quanti giovani erano presenti in queste domeniche accompagnati dai loro genitori. Credo che sia proprio questo, i genitori/educatori dovrebbero anche trasmettere l’amore e la culture delle discipline artistiche come la musica – a mio avviso- altamente formativa.

La danza – invece – è molto apprezzata, ma spesso, come la moda, è associata a problematiche molto gravi come bulimia e anoressia. Da donna e da ballerina, oltre che da artista, come vivi questa situazione?

 E’ importate mantenere un equilibrio interiore con una buona connessione del mondo esterno. Il disagio può manifestarsi in varie forme, a volte soprattutto se si è in una età adolescenziale, si perde la capacità di comunicazione con gli amici/genitori.

Talora poi non si vuole vedere, poi diventa più difficile il recupero di quelle situazioni più estreme. Il dialogo è fondamentale.

Credi che l’ arte possa aiutare a liberarsi di problematiche come queste a vivere meglio?

Assolutamente sì, per me è stato così; infatti il mio percorso è quasi stato prima di tutto intimo e ancora in parte lo è, attraverso una esplorazione e consapevolezza di se stessi. Poi pian piano è diventato un aprirsi verso gli altri, quindi un atto di condivisione e generosità, mettendosi un po’ a nudo per dire: “anche io “sento” così, non sei solo, tu che ne pensi, come la vedi?“.

Tu quando hai capito che la tua strada fosse quella della pittura?

Fin da subito ho sempre giocato con i colori, ma se prima lo facevo in modo non continuativo, da circa una decina d’anni è diventata una costante. E’ quasi una necessità, come l’amore per la palestra che taluni hanno, se poi “saltano” gli allenamenti ne sentono la mancanza, per me è così: se trascorro un tempo senza mettere mano alle tele ne soffro.

Con quali parole descriveresti il tuo stile pittorico?

Non apprezzo troppo i clichè e neppure gli stereotipi. Amo invece spaziare, reinterpretare e reinterpretarmi ad ogni nuovo progetto, introducendo sempre una piccola sfida un nuovo traguarda da raggiungere. Prediligo l’astratto informale, che fornisce solo uno spunto, lasciando l’immaginario all’interlocutore che osserva una mia opera. Trovo la pittura pop molto divertente e colorata. Non disdegno i classici pur mantenendo una chiave attuale e moderna che reinterpreto nell’arte figurativa.

Ester Campese e Riccardo Bramante

Ester Campese con Riccardo Bramante

E il tuo stile di vita?

 D’impatto risponderei caotico, fatto un miliardo di cose, dato che non mi fermo mai. Fondamentalmente attraverso due principali tematiche che adoro e che sono la sintesi dei miei genitori: la pittura (mio papà dipingeva) e la moda (mia mamma è stata una stilista). Condivido queste passioni con la persona per me più cara: Riccardo Bramante che sempre apprezza oltre che l’architettura anche l’arte spronandomi a traguardi sempre più alti.

Laura Gorini

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Laura Gorini
Laura Gorini, nata il 31 marzo 1982 a Brescia, addetto stampa per personaggi del mondo dello spettacolo, brand, fiere, locali e aziende, è da sempre appassionata di scrittura. Diplomata al liceo classico e laureata in Scienze e Tecnologie delle Arti dello Spettacolo, è anche scrittrice e poetessa.

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