C’era una volta lo smarrimento che il cinema con il suo modo di comunicare immediato ha saputo riconvertire in voglia di riscatto. Commozione e stupore sono stati gli ingredienti principali dei sentimenti percepiti durante tutto l’arco delle cinque serate del festival. Sono pienamente convinto che ciò che ha contribuito il successo diretto di questa quinta edizione del Mediterraneo Film Festival siano stati i valori, i principi narrati. Comunicati. Vissuti.
C’è bisogno di ripensare ad una nuova concezione di sviluppo che prenda piede partendo dalle persone, valorizzandone i singoli caratteri per arrivare a creare qualcosa che valga per la crescita di una comunità. Sorrisi che parlano di gioie. Pianti che parlano di sofferenze. Un modo per partire dalla vita e misurarsi con le sue infinite sfumature.
Questa edizione dai temi: “Cinema/Lavoro/Migrazione, ha voluto mettere in scena questi tre “baluardi” del mondo attuale, che sempre più in un misto di rabbia e tensione muovono le prospettive dei giorni nostri. A mio avviso, ciò che ho sempre sostenuto è che a muovere il mondo non siano tanto le prospettive, piuttosto le persone. Sono le persone a muovere il mondo, con i loro sogni, il loro voler continuamente stare al centro, per paura, forse, che qualcosa non sbilanci troppo il proprio equilibrio interiore.
La cultura ha sempre favorito quell’idea di riscatto, mossa da quel desiderio di “Rivoluzione pacifica” che sia in grado, ancora oggi, di muovere le coscienze. La guerra in questi casi rimane un mezzo del tutto inutile, capace solamente di dare vita a disastri infiniti. Una reazione a catena, un domino ipotetico di sangue. Macerie. Smarrimenti. Il Sulcis è divenuto quel luogo nel quale tutto può ripartire.
Il “nostro” domani ci sarà solamente quando avremmo la capacità di pensare che il cambiamento si fa leva del desiderio quasi primordiale di essere noi stessi e sentirci persone vive. Persone che amano la vita in un modo inesorabile. Siamo sempre pronti a pensare che tutto nasca dal caos. Sono pronto a sostenere che dopo il caos ci sia il vuoto, capace di farci comprendere che ci sarà vero cambiamento quando noi in prima persona saremmo a volerlo. Cosicché, un sorriso nascerà improvvisamente dal nostro viso frastornato e saprà comunicare quella voglia di vivere che solo il condividere storie infinite sa imporci. Il cinema è una “fabbrica di storie” e fino a quando le persone saranno disposte a vivere e non cadere nell’oblio, ci sarà speranza.