intervista di: Gabriele Vinciguerra
Una splendida carriera che brilla da 50 anni. Se dovessi descriverti, cosa racconteresti di questo viaggio dal nome Chiara Boni?
Un viaggio di sperimentazione e ricerca sempre ispirato dalle Donne.
Come nasce questa vocazione e quali le difficoltà, se ci sono state, nell’essere donna e imprenditrice?
Ho sempre amato la Moda. Sin da bambina accompagnavo mia madre negli atelier francesi ed ero ovviamente affascinata da quel mondo dorato. Nel 1967 sono andata a vivere a Londra ed ho scoperto un nuovo mondo: era scoppiata la Moda Giovane ed io sono diventata immediatamente addicted.
Tornata in Italia volevo aprire una Boutique ma ho dovuto aspettare il matrimonio, perché nella mia famiglia non era contemplato che una ragazza lavorasse, l’unico obiettivo era sposarsi ed avere figli.
Nel 1971 a Firenze ho insieme a tre amiche la Boutique “You Tarzan, Me Jane”.
All’interno c’era un enorme tendone da circo dove tutti si cambiavano insieme e tanti personaggi dei fumetti compreso il nostro amato Tarzan. Era per l’epoca, un negozio rivoluzionario e tantissimi VIP venivano a scoprirlo.
Sono stati anni bellissimi e davvero sperimentali. La mia Moda è cominciata così… con leggerezza.
Gli anni 70 – 80. Che cosa porti con te di quel periodo?
La leggerezza degli anni 70 dove tutto era possibile e l’opulenza degli anni 80 che hanno coinciso con il mio incontro con il GFT.
Il Gruppo Finanziario Tessile aveva inventato il
prêt-à-porter in Italia e tra i suoi marchi all’epoca c’erano Valentino, Armani e Ungaro.
Quanto è importante la scelta dei tessuti, al fine di dare quel senso di felicità per chi lo indossa?
Non sono certa che il senso della felicità lo dia il tessuto, credo che lo dia lo specchio (oggetto fondamentale). Una Donna, prima di uscire, deve guardarsi e sentirsi sicura e felice nell’abito che indossa.
Grazia, eleganza, charme sono solo alcuni dei valori che si percepiscono guardando le tue opere chiamate banalmente abiti. Da creativa pensi che la moda sia una forma d’arte? O è troppo terrena per essere considerata tale?
Da creativa penso che la Moda sia lo specchio dei tempi. Se guardi indietro nei secoli riconosci attraverso gli abiti il pensiero del tempo. E’ interessante pensare che Luigi XVI, Re Sole, abbia utilizzato la Moda politicamente.
I suoi vassalli dovevano andare a corte, sfoggiando un’eleganza ed una ricchezza tali da non potersi più permettere il mantenimento di un’armata nelle loro contee.
Aggiungo che l’artigianato, che ha costituito la forza lavoro della Moda, è una forma d’Arte.
Da femminista risoluta, credi che oggi la donna debba ancora rivendicare dei diritti, rispetto, uguaglianza? O tutto questo appartiene al passato?
Da femminista negli anni 70-80 pensavo di aver vinto tutte le battaglie. Noi Donne prima abbiamo ottenuto il diritto di votare, poi abbiamo combattuto per il diritto di divorziare e abortire.
Ci siamo sentite libere e capaci di decidere per la nostra vita e per il nostro futuro. Oggi sembra che tutto questo, che era il domani, appartenga a ieri. Quindi le ragazze di oggi devono ricominciare a combattere.
Tantissime le Celebrities che indossano un “Chiara Boni”. Questo ha definito anche un mercato di riferimento? Se sì, quali sono gli elementi che lo hanno distinto?
Ricordo e racconto sempre di come un mio abito sia finito sulla copertina del famosissimo “O’ Magazine” indossato da una delle donne più potenti e influenti del mondo: Oprah Winfrey.
Aveva visto una delle sue collaboratrici con un abito Chiara Boni La Petite Robe e se ne era innamorata. Tramite i suoi collaboratori è arrivata nel nostro ufficio di New York dove per un anno o due ordinava i nostri modelli in tanti colori.
Questo ovviamente ha immediatamente creato un grande interesse intorno al nostro Brand in America.
Quanto è cambiata la tua visione estetica in questi anni?
Spero che la mia visione estetica si evolva con i tempi, ma credo che non sia mai cambiato il senso dell’armonia e delle proporzioni che voglio trovare in ogni abito che creo.
Questa attenzione all’armonia e alle proporzioni la devo alla splendida città delle mie origini: Firenze.
Chiara Boni e la sostenibilità. Quanto è importante il cambiamento e come si è impattato a livello aziendale?
Il controllo qualità del nostro prodotto è possibile in ogni passaggio della filiera, interamente Made in Italy, da quando nasce il filo a quando viene realizzato il tessuto, a quando viene confezionato il capo ed è pronto per essere spedito ai distributori.
Ed è proprio la tracciabilità del nostro processo produttivo, che avviene tutto tra la Lombardia e la Toscana, ad essere valso a settembre 2019 la certificazione PEF (Product Envinronmental Footprint) a Chiara Boni La Petite Robe come prima azienda italiana di abbigliamento femminile.
Nel nostro caso non si è trattato di dover rivedere la nostra supply chain per ottenere la certificazione ma solo di misurarne l’impatto.
Se potessi esprimere un libero pensiero?
Per fortuna posso ancora esprimere un libero pensiero e soprattutto posso ancora sperare, malgrado i brutti momento che stiamo passando, che il mondo trovi ancora la forza di migliorarsi.
Intervista di: Gabriele Vinciguerra
Foto cover: Cosimo Bruccoleri