Ho sempre pensato che il teatro fosse un grande contenitore di idee, progetti da interpretare. Interpretare tutto ciò che deriva dalla vita, facendone dei simboli più o meno reali, delle volte storpiati, alterati, ma pur sempre vivi nell’immaginario collettivo di chiunque non ha perso la capacità di credere che immaginare è una delle forme d’arte più innovative.
Immaginare qualsiasi cosa, credere persino che l’ineluttabilità possa trasformarsi in qualcosa di vivo. Tangibile, per quanto percepibile con i sensi. Nel teatro la cosa più importante è imbastire, non solo abiti di scena, ma delle vere e proprie storie che siano in grado di raccontare, e parlare della vita di chiunque, facendone trasparire un messaggio da interpretare e condividere.
Imbastire storie per raccontare poesia. Cucire le parole esattamente come un sarto fa con due pezzi di stoffa, ago e filo. Rendere viva un’idea che poi potrà essere vissuta nell’immaginario collettivo di chiunque vivrà una determinata opera o creazione.
Proprio come Francesca Novati e Gianluca Carrozza fanno da quel non troppo lontano febbraio 2013, quando decisero di dare vita a varie idee (cucendole appunto) in un unico progetto che unisse la loro capacità acquisite in “Bàste” che all’attivo conta lavori importanti, conclusi in Italia e all’estero.
Bàste è un progetto che nasce, appunto, per incontrare le esigenze delle varie compagnie teatrali per il quale hanno lavorato e lavoreranno attraverso sartorie temporanee mobili. Un vero e proprio tour emozionale nel quale lavorano nella creazione degli abiti di scena e non solo.
Perché Bàste non è solo Teatro, con il quale contano collaborazioni importanti come quelle con Emilia Romagna Teatro Fondazione e Teatro di Roma, piuttosto un’idea concepita per dare sfogo alle attitudini, alle peculiarità artistiche di Francesca e Gianluca. Entrambi formati presso facoltà di arti e design tra Milano e Firenze, hanno posto le basi della loro iniziativa con l’obiettivo di essere un peculiare sguardo al mondo del vestire e del travestire, propriamente detti. Contano infatti ulteriori collezioni grandi e piccole di abiti e accessori, come: Colle©t, interamente dedicata al mondo dei colletti.
Immaginare. Tagliare. Cucire. Mettere insieme dei pezzi di stoffa per dare vita a qualcosa solamente immaginato è un fatto d’amore che merita attenzione, ma soprattutto rispetto dei particolari, del dettaglio che sapranno dare valore aggiunto ai sentimenti che si vogliono esprimere.
Un prodotto è di qualità quando c’è una buona interazione tra gli attori che vi lavorano, che saprà in ultimo raccontarne tutti i passaggi. Un prodotto è quindi una bella storia che merita senza ogni ombra di dubbio di essere raccontata. Un abito è di conseguenza il compimento di un desiderio, che saprà assecondare vizi e virtù della persona che lo indosserà, senza essere troppo pacchiani. Perché indossare deve essere concepito come una dolce necessità, dalla quale far risplendere le nostre migliori caratteristiche.
Ecco perché l’attenzione dei dettagli, la ricerca di ogni capo fanno del lavoro di Gianluca e Francesca un’attività unica nel suo genere. Cercando sempre di ottenere il massimo con tutto ciò che si ha a disposizione inseguendo sempre il dovere di saper chiedere e richiedere ciò che è corretto e necessario.
“Il sapere e la memoria delle mani sono ciò che contraddistinguono un bravo artigiano”. Perché ciò che contraddistingue un artigiano da un qualsiasi creatore di prodotti di mercato è proprio la capacità che i propri manufatti avranno di raccontare quel qualcosa in più, che saprà dare tanto a livello emotivo ed emozionale. La perfezione di un prodotto artigianale sta proprio nella ricerca, nel desiderio di plasmare qualcosa che sia in grado di contenere un’anima, capace di parlare di bellezza pura: energia rivitalizzante.
Stefano Fiori
Foto di Stephanie Gengotti
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