Articolo di: Gabriele Vinciguerra
C’è un’Italia che sopporta tutto e che non reagisce più. Un’Italia che crede alle parole come se fossero dogmi, senza accorgersi che dietro gli slogan non c’è sostanza. La politica parla di orgoglio nazionale, di identità e di stabilità, ma la vita reale racconta un’altra storia: famiglie che non arrivano a fine mese, giovani che scappano, ospedali al collasso, scuole senza risorse. È la fotografia di un Paese che arretra mentre si illude di avanzare.
La verità è che l’Italia si regge oggi su una propaganda che serve più a nascondere che a risolvere. Ogni conferenza stampa diventa un palcoscenico, ogni dichiarazione un atto di fede. Non c’è spazio per il dubbio, né per la critica. Si chiede soltanto obbedienza. Ma governare non è recitare frasi ad effetto. Governare significa coerenza, capacità di trasformare i programmi in azioni concrete. E questo non sta accadendo.
L’economia resta in ginocchio. Il debito pubblico continua a salire, e con i tassi di interesse elevati la spesa per rifinanziarlo diventa insostenibile. Gli investitori internazionali osservano e prendono le distanze. L’Italia non viene percepita come un Paese affidabile. Intanto il lavoro non basta più a garantire dignità: aumentano i cosiddetti “working poor”, uomini e donne che lavorano otto o dieci ore al giorno e restano comunque poveri. È il fallimento di un sistema che non sa valorizzare né il merito né l’impegno.
Le conseguenze sociali sono devastanti. La povertà assoluta cresce anno dopo anno, tocca quasi una famiglia su dieci e rischia di salire ancora. La scuola viene trattata come un peso anziché come un investimento. Gli studenti vivono in edifici fatiscenti, con programmi scolastici vecchi e pochi insegnanti. Chi può, va via. Centomila giovani italiani ogni anno lasciano il Paese. È un’emorragia di cervelli e di competenze che impoverisce il presente e condanna il futuro.
La sanità, un tempo fiore all’occhiello, oggi è un terreno di disuguaglianza. Le liste d’attesa sono interminabili, molti rinunciano alle cure, i medici emigrano o scelgono il settore privato. Si sta creando un sistema in cui chi ha soldi vive e chi non li ha si arrangia. E tutto questo accade mentre i governi continuano a parlare di eccellenza italiana, senza mettere mano ai nodi strutturali.
A livello democratico, la situazione non è migliore. Il Parlamento viene svuotato di senso con l’uso sistematico dei decreti. L’opposizione non riesce a costruire un progetto unitario, appare debole e disorganizzata. La percezione diffusa è quella di non avere scelta, di dover accettare l’esistente perché non esiste alternativa. Questo clima di rassegnazione è il terreno ideale per normalizzare un autoritarismo morbido, fatto di libertà erose lentamente e senza clamore.
La politica intanto si aggrappa a riferimenti esterni che aumentano la nostra fragilità. L’allineamento con figure come Donald Trump, che incarnano instabilità e populismo, riduce la credibilità internazionale dell’Italia e rischia di isolarla in Europa. Essere sudditi di modelli che giocano con il fuoco non è un segno di forza, ma di debolezza.
Il problema però non è soltanto chi governa. Il problema è un popolo che si accontenta. Un popolo che ha smesso di pretendere coerenza tra parole e fatti. Che si lascia intrattenere dalla propaganda mentre ogni giorno diventa più povero, meno istruito, più arrendevole. È questa passività a permettere ai politici di sopravvivere senza cambiare nulla.
Non esiste orgoglio nel guidare un Paese che arretra. Non esiste onore nel parlare di grandezza nazionale mentre milioni di persone vivono nell’incertezza. Esiste solo l’illusione, alimentata ad arte, che le parole possano bastare. Ma la realtà bussa alle porte ogni giorno: stipendi miseri, ospedali pieni, scuole vuote, giovani in fuga. E finché continueremo a credere ciecamente alla propaganda, senza pretendere coerenza e fatti, saremo complici del nostro stesso declino.
L’Italia non si sta preparando a un futuro migliore. Sta semplicemente accettando la propria lenta disfatta.
Pillole di realtà
- Debito pubblico: oltre 2.950 miliardi di euro, pari a circa il 140% del PIL. Uno dei livelli più alti in Europa. Fonte: Banca d’Italia.
- Povertà assoluta: nel 2024 oltre 5,7 milioni di persone in Italia vivevano in povertà assoluta, circa il 9,8% della popolazione. Trend in crescita. Fonte: ISTAT.
- Working poor: circa il 12% dei lavoratori italiani è povero pur avendo un impiego regolare. Fonte: Eurostat.
- Fuga dei giovani: ogni anno oltre 100.000 italiani lasciano il Paese, in maggioranza giovani laureati. Negli ultimi dieci anni più di un milione di persone si è trasferito all’estero. Fonte: Migrantes, Rapporto Italiani nel Mondo 2024.
- Sanità: la spesa sanitaria pubblica in rapporto al PIL è scesa sotto la media europea. Liste d’attesa per visite specialistiche superiori a 12 mesi in molte regioni. Fonte: Corte dei Conti e Cittadinanzattiva.
- Scuola: l’Italia spende circa il 4% del PIL per l’istruzione, meno della media OCSE. Le classi sovraffollate e la mancanza di docenti stabili colpiscono soprattutto il Sud. Fonte: OCSE Education at a Glance 2024.
Questi numeri non hanno bisogno di interpretazioni. Sono la prova che la propaganda non coincide con la realtà quotidiana.