“Ho scelto di venire in Basilicata. Non l’ho subita questa terra, l’ho voluta. Sarà perché è magica, ma al pensiero di andare via mi manca l’aria”. È il messaggio che Patrizia Del Puente, Docente Ordinario di Glottologia e Linguistica all’Università degli Studi della Basilicata e responsabile del progetto ALBa (Atlante Linguistico della Basilicata) ha voluto trasmettere al termine della “lectio magistralis” sui “Dialetti della Basilicata. Bene culturale immateriale inestimabile”, organizzata dalla sezione di Venosa della Fidapa BPW Italy, Federazione Italiana Donne Arti, Professioni Affari – Distretto Sud Est.

Patrizia Del Puente, Docente Ordinario di Glottologia e Linguistica all’Università della Basilicata

La Presidente della Fidapa di Venosa, Anna Gurrado, ha espresso un sentito ringraziamento nei confronti della docente, che ha illustrato con entusiasmo, competenza e chiarezza alcuni esempi concreti con cui è possibile dimostrare che i dialetti siano lingue locali a tutti gli effetti, con una struttura fonetica, morfologica e sintattica molto articolata. “Per me è un enorme piacere ascoltare una donna di tanto valore. Se è vero che esiste l’aldilà per mio marito sarebbe stato l’evento più bello al quale abbia mai assistito. Lui era un cultore del dialetto e auspicava che si insegnasse nelle scuole” ha commentato la presidente Gurrado.

L’attenzione si è incentrata sulla importanza della ricchezza linguistica ed espressiva della Basilicata, che ha inglobato le influenze delle diverse colonie che si sono stanziate in questa terra, trasformando i postumi delle varie egemonie in un patrimonio da custodire e preservare. “Il dialetto ha una struttura che non è da meno rispetto ad una lingua standard. Conoscere il dialetto non è una ‘diminutio’, anzi sono sicura che se i ragazzi lo studiassero non farebbero errori in italiano, perché nella consapevolezza terrebbero separati i due codici” ha precisato la prof.ssa Patrizia Del Puente. Per questo motivo, grazie ad ALB.a, e alla collaborazione del Ministero della Pubblica Istruzione e degli uffici scolastici competenti, sarà realizzato un progetto pilota per portare l’insegnamento del dialetto in 5-6 scuole, valutarne gli esiti ed eventualmente estenderlo ad altri istituti.

Entrare nella parola e nelle sue sfumature vernacolari, nei meandri delle sue declinazioni lessicali e costruzioni morfosintattiche, aiuta a comprendere non solo la storia di un popolo ma dell’intera umanità. “Perdere il dialetto significa smarrire il significato arcaico della propria comunità” rimarca Patrizia Del Puente. Partendo dalle radici locali, infatti, si può ricavare l’identità e le origini di una comunità linguistica, l’evoluzione nel tempo e la relazione con gli altri registri linguistici in realtà vicine e lontane.

Dalla argomentazione sulla storia e le origini dei dialetti si è   irradiato l’excursus di una breve ma intensa disquisizione sulla frammentazione del latino e sulle conseguenti diramazioni nel mondo delle lingue romanze (o neolatine) per arrivare ai dialetti lucani. “C’è un solo posto nel mondo in cui questi sistemi di transizione sono presenti tutti insieme, ed è la Basilicata” ha precisato la Responsabile del Progetto A.L.B.a. Attraverso lo studio dei diversi vocalismi (persino quello sardo) che ivi confluiscono e che derivano dall’influenza di colonie gallo-italiche (Potenza, Tito Picerno, Pietragalla,  etc.) arbereshe (Ginestra, Maschito, Barile,  San Costantino Albanese e San Paolo Albanese), rom (Lauria e Melfi) e marchigiane (nell’area di Monticchio), si può attestare, infatti, che l’Antica Lucania sia stata una “terra di mezzo” in quanto crocevia degli idiomi campani, pugliesi e calabresi, e persino di intrecci linguistici con alcune aree a nord-ovest dell’Italia.

Da una rigorosa ed appassionata ricerca su base sperimentale e scientifica che il progetto A.L.B.a. conduce ormai da 10 anni, assieme a studenti e dottorandi dell’Università degli Studi della Basilicata, finanziato con il contributo della Regione Basilicata, è stato dimostrato che esistono tre aree linguistiche; la prima precedente alla diffusione del latino e corrispondente alla lingua osca; la seconda che vede un legame tra le colonie gallo-italiche e i dialetti delle regioni del Nord Ovest d’Italia; e la terza che vede un intreccio con parlate di natura meridionale, greche, sarde e persino arabe.

Nei dialetti lucani, inoltre, si incontrano fenomeni del tutto peculiari, quali il rafforzamento consonantico come segno del neutro e le dicotomie lessicali (polarizzazioni). E si arriva così all’idioma del ‘venosino’ che, come ha constatato la prof.ssa Del Puente, ha una “dissimmetria morfologica incredibile” ed è per ciò un gergo molto complesso e ricco di varietà lessicali.

All’incontro hanno partecipato anche il sindaco di Venosa, Tommaso Gammone e il Presidente del Consiglio Regionale di Basilicata, Franco Mollica. “Credo che il dialetto debba essere un patrimonio e un bene da conservare, di cui non si deve avere vergogna, ma esattamente il contrario” ha affermato il presidente. “Anche gli uomini di cultura usano il dialetto perché è un elemento identitario in cui ci si riconosce perché ci rende unici. Bene fa la Regione a finanziare il progetto A.L.B.a, affinché sia sempre un punto di riferimento per le comunità che non vogliono perdere le proprie radici” ha concluso Mollica.

Si può dunque affermare che la dignità della Basilicata passa attraverso la sua formazione linguistica. È importante conoscere e saper parlare perfettamente la lingua italiana ed avere altrettanta padronanza dei dialetti.

Marianna Gianna Ferrenti

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Marianna Gianna Ferrenti
Sono una giornalista pubblicista lucana. Dopo alcune esperienze sul territorio, ho allargato gli orizzonti, affacciandomi nel 2012 al mondo del social journalism. Laureata magistrale in Scienze filosofiche e della comunicazione, dopo un corso di Alta Formazione in Graphic Design ed Editoria digitale, finanziato dal Fondo Sociale Europeo, ho arricchito il mio background con competenze tecniche nell'ambito della scrittura digitale

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