CV con AI

Articolo di: Gabriele Vinciguerra

In Italia sempre più giovani scrivono i loro curricula con l’intelligenza artificiale. Non per capriccio, ma perché senza testi calibrati rischiano di essere esclusi al primo passaggio. Le aziende, intanto, affidano le selezioni a sistemi automatici, gli ATS (Applicant Tracking System), che filtrano e scartano in base a regole rigide. Non guardano le storie. Non leggono la vita che c’è dietro. Cercano solo parole chiave.

I numeri lo confermano. Nel 2024 il mercato globale degli ATS valeva circa 2,8 miliardi di dollari. Nel 2025 ha già superato i 3,2 miliardi e nel 2030 arriverà a quasi 5 miliardi. In Italia il settore legato al reclutamento digitale supera i 24 miliardi di euro considerando software e servizi collegati. Non è un fenomeno che riguarda solo le multinazionali: anche piccole e medie imprese stanno adottando questi strumenti.

Il funzionamento è spietato. Un giovane laureato può passare anni a formarsi, a lavorare duro, a costruire esperienze. Ma se nel curriculum non compaiono le parole giuste, l’algoritmo lo elimina. Non importa se ha talento, se ha affrontato difficoltà, se porta con sé competenze umane che nessun software può misurare. Per il filtro digitale semplicemente non esiste.

Storie di questo tipo sono già realtà. Neolaureati che raccontano candidature respinte senza un contatto umano. Professionisti con competenze solide scartati perché il file non era formattato secondo i parametri del sistema. Giovani costretti a usare l’AI per scrivere testi che finiscono per sembrare tutti uguali, perfetti ma senz’anima.

Così il mercato del lavoro si riduce a un dialogo tra macchine. L’AI dei candidati scrive, l’AI delle aziende legge e giudica. In mezzo non c’è più spazio per l’autenticità. Un curriculum non è più la traccia di una persona ma il risultato di quanto bene sa piegarsi al linguaggio dei filtri.

Il paradosso è evidente. Mentre le aziende ripetono che “i talenti non si trovano”, migliaia di ragazzi vengono esclusi dal giudizio cieco di un algoritmo. E cresce il rischio di una generazione convinta che mostrarsi per ciò che è significhi fallire, che l’imperfezione non sia più tollerata, che l’unico modo per entrare sia uniformarsi.

Il futuro del lavoro non si misura in keyword, ma nella capacità di ricordarci che dietro ogni curriculum c’è una persona in carne e ossa.

fonti:
Markets and MarketsApplicant Tracking System Market Report (stima valore globale ATS 2025–2030)
https://www.marketsandmarkets.com/Market-Reports/applicant-tracking-system-market-27004100.html

The Business Research CompanyApplicant Tracking System Global Market Report 2024 (valore globale ATS 2024)
https://www.thebusinessresearchcompany.com/report/applicant-tracking-system-global-market-report

WantStatsItaly Applicant Tracking System Market (stima del mercato italiano legato a software e servizi ATS)
https://www.wantstats.com/charts/italy-applicant-tracking-system-market-161986

iSmartRecruitBest Applicant Tracking System Italy (adozione degli ATS anche nelle PMI)
https://www.ismartrecruit.com/list/best-applicant-tracking-system-italy

TechnavioApplicant Tracking Systems Market Size in Europe (trend europeo fino al 2029)
https://www.technavio.com/report/applicant-tracking-systems-market-size-in-europe-industry-analysis

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Gabriele Vinciguerra
Gabriele Vinciguerra è un artista visivo e psicologo. Fotografa l’anima prima ancora dei volti. Ogni scatto è un atto di verità, un frammento di silenzio che vibra, un incontro autentico tra la sua sensibilità e l’essenza umana di ciò che ritrae. Le sue immagini non decorano, scavano. Non mostrano, rivelano. La moda è il suo lessico estetico: un universo che abita da anni, dove eleganza e identità si fondono in visioni che superano la superficie. Ma la macchina fotografica, per lui, è solo il mezzo. Il fine è più alto: far sentire, toccare, ricordare. Laurea in Psicologia, con un focus sulla psicologia sociale e sul potenziale evolutivo dell’essere umano. Questo non è un dettaglio biografico, è un orizzonte che trasforma il suo modo di guardare, ascoltare, raccontare. Le sue opere non parlano solo agli occhi, ma alle parti invisibili che ci compongono. E poi ci sono le parole. Le usa come una seconda lente, forse la più affilata. Ogni parola per lui pesa, pulsa, incide. Perché sa che quando immagine e linguaggio si incontrano, nasce qualcosa che può toccare profondamente, cambiare prospettiva, lasciare un segno. Il suo lavoro è questo: un intreccio di visione e coscienza, di luce e psiche. Un viaggio dentro l’umanità, per chi ha il coraggio di guardare davvero.

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