Intervista di: Gabriele Vinciguerra
Ci sono persone che non recitano, si incarnano. Che trasformano la pelle in linguaggio e il silenzio in potere.
Lea Lèon è una di loro.
Dietro il cuoio e le catene non c’è spettacolo, ma coscienza. C’è una donna che ha imparato a conoscersi attraversando la paura, la vergogna, la fragilità.
In lei convivono forza e dolcezza, comando e ascolto, luce e ombra. Non finge equilibrio: lo crea, ogni giorno, scegliendo di restare vera anche quando costa.
La sua voce non parla di sottomissione, ma di libertà. Di quella libertà che nasce solo quando smetti di dividerti e inizi ad accoglierti tutta, anima compresa.
Chi eri prima di diventare Lea Lèon?
Bella domanda. In realtà non sono mai stata una sola persona. I miei amici mi chiamano Ale o Alessia, sui documenti sono Olesia, in famiglia mi chiamano Lesya. Poi ci sono i miei schiavi, che mi chiamano Lexy, Dea, Padrona.
Ogni nome racconta un frammento diverso di me. Lea Leon non è solo un nome d’arte, è una sintesi: l’unione tra le mie ombre e la mia luce.
Prima di arrivare qui ero timida, fragile, con un bisogno costante di piacere agli altri. Poi ho capito che la libertà nasce quando smetti di chiedere approvazione e inizi a scegliere te stessa.
Non si nasce Padrona, lo si diventa. È un percorso fatto di errori, ribellioni, ferite e risvegli. Ti insegna che la normalità è solo un’invenzione, e che nessuno può decidere cosa lo è davvero. Io ho scelto di vivere come voglio, senza più paura del giudizio.
Il controllo sugli altri parte sempre da un controllo su se stessi?
Assolutamente sì. Chi non sa gestire la propria mente non può condurre quella di un altro.
Nel BDSM la mente è l’arma più potente. Un sottomesso percepisce subito se una Mistress recita o se quella forza nasce da un equilibrio autentico. Il corpo completa ciò che la mente comanda: ogni gesto, ogni sguardo, ogni pausa ha un peso.
Quando sollevo una frusta non sto punendo, sto comunicando. È un linguaggio lento, rituale, che parla di fiducia e di potere condiviso. Il corpo dello schiavo diventa una tela su cui dipingo emozioni. E dietro ogni colpo, c’è sempre una forma d’ascolto.
Il potere può essere una forma di cura?
Non credo. O forse solo in apparenza. Il potere può coprire le ferite, renderle eleganti, ma non le guarisce.
Per anni mi sono sentita invincibile, poi improvvisamente piccola. Ho capito che il potere, se non nasce da basi solide, diventa un inganno. Ti seduce, ti nutre, e poi ti svuota.
Essere Padrona non significa dominare, ma conoscersi. Capire dove finisce la forza e dove comincia la fragilità. Se mancano i valori, il rischio è di perdere l’anima nel silenzio dell’onnipotenza. E da lì, tornare indietro è difficile.
Che rapporto hai con la vulnerabilità?
Oggi la considero un dono.
La mia parte fragile è la stessa che mi rende capace di empatia, di attenzione, di cura. Senza quella parte sarei solo una maschera con una frusta in mano.
Amo dominare con il sorriso. Non ho bisogno di fingere rabbia o di disprezzare gli uomini. La mia autorità non nasce dall’odio, ma dalla consapevolezza.
Una vera Padrona sa punire e sa accogliere. Sa quando fermarsi, sa come leggere lo sguardo di chi ha davanti. La vulnerabilità mi tiene umana. E io non voglio smettere di esserlo.
Hai mai avuto paura di perdere il controllo nella vita?
Certo. Chi direbbe di no mentirebbe a se stesso. La vita non chiede il permesso prima di cambiare direzione.
Ho imparato a non oppormi al flusso. Preferisco essere acqua piuttosto che roccia. L’acqua non si spezza, non forza, ma scava, modella, trasforma.
Il vero controllo nasce da lì: dall’accettazione di ciò che non puoi controllare.
Cosa hai imparato su te stessa attraverso gli sguardi di chi ti sceglie?
Ho imparato che non voglio essere scelta. Scelgo io.
Molti uomini cercano una Mistress come se stessero acquistando un servizio, ma qui non si tratta di un elenco di pratiche, si tratta di fiducia.
Io decido chi può attraversare il mio mondo. Non per arroganza, ma per rispetto reciproco. Quando un sottomesso si affida, smette di pensare. Io divento la sua guida, la sua mente temporanea. In quello spazio sacro lui si libera, e io divento il suo specchio.
Come vivi il giudizio sociale?
Oggi con serenità. Un tempo nascondevo questa parte di me, ora non più.
C’è chi mi ha detto: “Tu realizzi i sogni segreti delle persone.” È vero. Do forma a desideri che la società reprime.
Non provo più vergogna per la mia libertà. Il mondo ha bisogno di autenticità, non di finzioni.
Il mio lavoro non è scandalo, è linguaggio. È la traduzione di qualcosa che tutti abbiamo dentro, ma pochi osano guardare.
Sto scrivendo un libro proprio per questo: per restituire verità a un mondo travisato da cliché e tabù. Il BDSM, per me, è un modo per ascoltare l’anima. Non per ferirla, ma per rivelarla.
La libertà è un punto di arrivo o una condizione mentale?
È una condizione mentale, sempre.
Non credo ci sia mai un punto d’arrivo. Cambiamo in continuazione, come cellule che si rigenerano.
La libertà non la trovi fuori, ma dentro. L’ho conquistata quando ho smesso di reprimere parti di me.
La repressione è veleno. Ti corrode piano, finché ti svuota.
Essere liberi significa accettare ogni sfumatura del proprio essere, anche quelle che fanno paura.
Quando il silenzio arriva, cosa ti dice?
Il silenzio mi ha insegnato più di mille parole.
Un tempo lo temevo, cercavo di riempirlo con rumore, movimento, persone. Poi ho capito che nel silenzio vive la voce più onesta che abbiamo.
All’inizio la odi, poi la ascolti, e infine ci fai pace.
Oggi il silenzio è la mia maestra. Mi mostra ciò che non voglio vedere e mi restituisce la calma quando tutto intorno si agita.
Ascoltarsi è un’arte. E chi impara a farlo non smette più di evolversi.
Ti è mai capitato di confondere il ruolo con la persona?
All’inizio cercavo di separare le mie vite. Pensavo che la donna e la Padrona dovessero restare due mondi distinti. Ma non era vero.
Sono la stessa cosa. Due energie che convivono, si alimentano, si completano.
Oggi non cerco più di dividerle. Ho imparato ad accogliermi in ogni forma.
E questo grazie anche alla persona che ho accanto. Un uomo che mi ha vista davvero, senza chiedermi di cambiare. Mi ha insegnato che l’amore non è controllo, è riconoscimento.
Quando incontri qualcuno con cui puoi essere te stessa in ogni sfumatura, non lo lasci più andare.











