Tra i tanti cambiamenti apportati al fashion system primo fra tutti il carattere dell’inclusività, ovvero la tendenza ad estendere a più persone il godimento di un diritto o la partecipazione di un soggetto ad un sistema o attività.
A risvegliare l’opinione pubblica circa le tematiche rivolte ai diritti umani, alla diversità razziale e alla condivisione sono stati episodi come l’elezione del presidente Trump, la Women’s murch, il caso Weisten e non solo.
Rispetto al passato, oggi le donne sono più combattenti, forti di una nuova consapevolezza basata sulla condivisione dei valori con le altre compagne.
Lottano contro le molestie, sopraffazioni ed abusi, ma anche sulla condivisione di nuovi canoni estetici ormai deteriorati e non più realmente rappresentativi della realtà di vita.
Questo il motivo per cui l’inclusività diventa un carattere umanitario, che lavora per raggiungere un futuro della comunità più paritario.
A tal proposito anche il fashion system diventa oggi esempio di rivoluzione splittato su più settori. Basti pensare al cinema dove l’industria di abbigliamento oggi riesce a dar voce e carattere a tutti gli attori. Partendo dai grandi volti del maxi schermo, le ragazze che diventano esempio per adolescenti di tutto il mondo, come ad esempio Adwoa Aboah eletta modella dell’anno di Fashion Award del 2017 e fondatrice di Gurls Talk per la promozioni di incontri offline ed online rivolti alla sdoganazione di pregiudizi e e tabu tra le adolescenti.
Oppure Teddy Quinlivan regina delle passerelle e che ha rivelato in una intervista di essere trasgender e molte altre.
La sfilata diventa il punto centrale in cui lo stilista mette in luce i suoi ideali estetici, ed il luogo in cui il potenziale acquirente, il buyer, si identifica in quella dimensione artistica acquistandone il capo.
Le appena concluse sfilate della presentazione FW 2019 hanno dimostrato una rottura con gli schemi stilistici ed artistici precendenti. Chromat e Collina Strada i maggiori. I due brand newyorkesi hanno infatti presentato un casting multietnico, di diverse taglie ed età che prima non era stato mai presentato: una commistione di stili, e culture per un risultato eccellente.
Seguiti a ruota dai grandi stilisti come Prada che sceglie una modella nera, Anok Yai, per aprire la passerella, Max Mara ha voluto di nuovo Alima Haden, la modella con l’hijab, Alexander McQueen ha ospitato Betsy Teske, prima plus size alla Paris, Fashion Week.
C’è chi poi interpreta il significato di inclusività a livello di comunicazione focalizzando l’obiettivo sulla volontà di investire. Da qui il boom delle case pubblicitarie, considerato per molti brand l’avanguardia del marketing. A testimonianza sia il 28enne Marco Rambaldi che sottolinea la capacità di nuovi esempi come lui del fashion system di non temere la concorrenza e di assumersi la responsabilità del lancio del proprio prodotto. Attraverso infatti il cortometraggio Vogliamo anche le Rose, il giovane designer, a livello emergente, presenta i suoi abiti e la storia che narrano. Protagonista la transessuale Valerie Taccarelli.
Laura Savini