Articolo di: Gabriele Vinciguerra

Foto della nostra inviata: Barbara Tanucci

C’è un filo che non si spezza, neanche quando la vita sembra strapparlo con brutalità. È quello che lega la città di Ascoli Piceno ad Alessandro Troiani, il ragazzo che ha lottato fino all’ultimo respiro perché nel suo territorio nascesse un reparto di ematologia, affinché altri potessero ricevere cure e speranza. La sua battaglia non è rimasta una storia privata. È diventata eredità civile, promessa mantenuta, e ogni anno torna a vibrare nel cuore della città con un evento che intreccia memoria e musica: il Memorial Troiani.

Giovedì 4 settembre 2025, Piazza del Popolo si è riempita fino all’ultimo spazio disponibile. Non solo per ascoltare musica, ma per condividere un sentimento comune: il ricordo come energia viva. Una folla silenziosamente grata ha accolto artisti che, con generosità e presenza autentica, hanno trasformato il palco in un luogo di comunità.

Il primo a salire è stato Dario “Dardust” Faini, ascolano d’origine e direttore artistico della serata. Ha portato con sé il nuovo progetto Urban Impressionism, accompagnato dal trio Cavalazzi. Le sue note, sospese tra elettronica e suggestioni orchestrali, hanno dato il via a un viaggio interiore, ricordando che anche la musica può essere cura e architettura di senso.

Poi l’energia si è fatta carne e ritmo con Saturnino, bassista visionario e orgoglio della città. Il suo assolo ha scosso la piazza, unendo virtuosismo e anima, come a dire che la memoria non è mai ferma, ma pulsa, vibra, si rinnova.

Sul palco è arrivata anche Gaia, con la sua voce calda e i richiami brasiliani. Un soffio di eleganza internazionale che ha avvolto la piazza, ricordando che la musica sa parlare lingue diverse ma porta sempre la stessa radice: quella che ci riporta a casa.

E infine, l’attesa sorpresa. Elodie. È apparsa sul palco con naturalezza ed eleganza, lasciando che la sua voce attraversasse la piazza come un abbraccio. Dopo la sua performance intensa, ha pronunciato parole semplici ma incisive: “Qui ad Ascoli mi sento a casa mia.” Una frase che ha sigillato il senso della serata: non conta solo il gesto artistico, conta l’appartenenza, la scelta di esserci davvero.

Il Memorial Troiani non è mai un concerto qualsiasi. È un rito laico e collettivo, un modo per ricordare che la musica può essere un veicolo di memoria, che la solidarietà non ha bisogno di proclami ma di gesti concreti, che la vita di Alessandro continua a generare valore. Ogni nota, ogni applauso, ogni voce che si è alzata in Piazza del Popolo ha reso chiaro un messaggio: la bellezza può diventare resistenza, e la memoria, se custodita insieme, diventa forza.

Ad Ascoli Piceno, quella sera, non c’è stato solo spettacolo. C’è stato un popolo che ha scelto di restare unito, di ricordare e di trasformare il dolore in eredità luminosa. E gli artisti, con la loro presenza, hanno confermato che la musica, quando incontra la memoria, diventa un atto d’amore.

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Gabriele Vinciguerra
Gabriele Vinciguerra è un artista visivo e psicologo. Fotografa l’anima prima ancora dei volti. Ogni scatto è un atto di verità, un frammento di silenzio che vibra, un incontro autentico tra la sua sensibilità e l’essenza umana di ciò che ritrae. Le sue immagini non decorano, scavano. Non mostrano, rivelano. La moda è il suo lessico estetico: un universo che abita da anni, dove eleganza e identità si fondono in visioni che superano la superficie. Ma la macchina fotografica, per lui, è solo il mezzo. Il fine è più alto: far sentire, toccare, ricordare. Laurea in Psicologia, con un focus sulla psicologia sociale e sul potenziale evolutivo dell’essere umano. Questo non è un dettaglio biografico, è un orizzonte che trasforma il suo modo di guardare, ascoltare, raccontare. Le sue opere non parlano solo agli occhi, ma alle parti invisibili che ci compongono. E poi ci sono le parole. Le usa come una seconda lente, forse la più affilata. Ogni parola per lui pesa, pulsa, incide. Perché sa che quando immagine e linguaggio si incontrano, nasce qualcosa che può toccare profondamente, cambiare prospettiva, lasciare un segno. Il suo lavoro è questo: un intreccio di visione e coscienza, di luce e psiche. Un viaggio dentro l’umanità, per chi ha il coraggio di guardare davvero.

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