Era l’undicesima volta nella mia città del cuore, eppure non avevo ancora fatto una tra le visite più turistiche di sempre: la Torre di Londra. Era ormai giunto il momento di vedere la “vecchia” (molto vecchia) casa reale e i gioielli che costudisce al suo interno. Ho prenotato i biglietti online sul sito ufficiale e vi consiglio di farlo: potete scegliere il giorno e siete liberi di entrare in qualsiasi orario e inoltre vi risparmia le lunghissime code al desk. Ammetto che non avevo mai deciso di visitarla, perchè per me era una visita troppo turistica ed inutile, invece, al di là dei secoli di storia che si attraversano – da fortezza a palazzo a prigione – è come una piccola città incantanta. Non solo la vista dalle mura della Torre di Londra è mozzafiato, rendendola ancora più unica, ma anche l’organizzazione delle visite è degna di nota.
Ogni mezz’ora un cicerone vi conduce alla scoperta della Torre, con enfasi ed animo degni di un’opera teatrale, ma potete anche assistere a vere e proprie impersonificazioni storiche, che non solo vi coinvolgeranno ma vi catapulteranno nell’Inghilterra medievale. Non illudetevi che lo spettacolo sia adatto solo per i bambini, tutti rimangono a bocca aperta. La Torre di Londra è così grande che alla fine ci ho passato l’intera mattinata, dirigendomi all’uscita solo nel primo pomeriggio.
Uscita dalla Torre e camminando lungo il Tamigi mi sono imbattuta nel ristorante Coppa Club. Sicuramente coloro che hanno Instagram lo avranno già intravisto troppe volte. Coppa Club è famoso per i suoi arredamenti interni e per gli “igloo” nei quali potete mangiare e godervi una vista che non smetterò mai di amare. Dopo questo pit-stop mi sono diretta dall’altro lato della città verso la Cattedrale di Southwark.
Questa chiesa è famosa o almeno, se siete stati a Londra l’avrete sicuramente vista perchè è a lato del Borough Market. È una chiesa angelicana, non so esattamente la differenza con noi cattolici, ma immagino che uno dei loro dogmi sia l’ospitalità e la gentilezza. Appena si entra ti accolgono con il sorriso e ti invitano a prendere i fogli informativi (è stata la seconda volta che ho trovato qualcosa scritto in italiano). Vi consiglio di entrarvi, alla fine è gratuita e non vi costa nulla se amate l’arte in ognuna delle sue forme. Infatti non ammirerete solo la cappella a Sir Harvard e le vetrate a Shakespeare, ma anche installazioni d’arte moderna come la scultura Doubt di Susie MacMurray.
La sua idea è nata dopo aver parlato della guerra con un militare di ritorno dall’Afghanistan a causa del disturbo post traumatico da stress. Leggere la storia della scultura e di questo militare mi aveva fatto e mi ha fatto venire la pelle d’oca. La scultura vuole rappresentare i nostri dubbi e il senso di tenebre e oscurità che aleggia in ognuno di noi, ma che grazie anche ad un solo spiraglio di luce (in questo caso Dio) si può sconfiggere. È dal 2012 che questa cattedrale permette installazioni di questo calibro e ve la consiglio per questo.
Dopo questa sosta abbastanza inusuale per i miei standard mi sono diretta a Covent Garden, perchè per quante volte si va in un posto non lo si conoscerà mai abbastanza, un po’ come per le persone, il tempo che ci si trascorrere assieme non basta mai. In particolare cercavo il famoso Seven Dials, che come potete intuire è un incrocio dove si congiungono sette strade, un distretto di arte, cibo e moda. Se cercate il piccolo angolo in foto – Neal’s Yard – dovrete stare attenti perchè è in una piccola laterale della via Shorts Gardens. Io ci ho girato attorno parecchio, ma ora voi dovreste andare via lisci.
Era quasi sera e le opzioni erano due, o lo shopping (sempre valida come opzione) o tornare verso l’hotel per riposarsi. Ovviamente lo shopping ha preso il sopravvento, così mi sono spostata a Bond Street, lì mi sono fermata per un giro veloce e poco indolore da Victoria’s Secret, e ho camminato per New Bond Street. Mi piace questa via, lontano dalla confusione della vicina Oxford Street con queste vetrine stracolme di lusso luccicante, mi regala come un senso di pace, quasi fosse il mio posto nel mondo, pur non arrivando da quel mondo. Anche a Milano mi capita spesso, quando sono arrabbiata o triste, mi basta una passeggiata, per ricalibrare i miei obiettivi.
A quel punto era quasi ora di cena e come non provare il famoso Sketch? Questo ristorante è famoso per i suoi interni e i suoi strambi ma carini bagni a uovo. Non credo sia sovravalutato come molti vorrebbero pensare. A parte l’iniziale disorganizzazione che ci ha lasciato ad aspettare nonostante i tavoli fossero liberi, il posto è una favola incantanta impossibile da dimenticare, lo staff è gentile ed inoltre pagando il conto donerete una piccola somma a sfondo benefico per aiutare anche i meno fortunati a frequentare una scuola.
Marina Greggio
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