Jonny Costantino è un cineasta. Direttore della rivista “Rifrazioni. Dal cinema all’oltre” e scrittore radicale. Vive a Bologna e in giro per il mondo.

Siccome non credo abbia bisogno di presentazioni mi limiterò all’essenziale. Fra i suoi film più recenti, diretti con Fabio Badolato e prodotti dalla BaCo Productions,ci sono Beira Mar,  Il firmamento, Sbundo e La lucina d’imminente uscita. Quest’ultimo film è stato girato in Basilicata. Per lo più nella città di Sant’Arcangelo. In questa intervista emerge un ritratto di Jonny Costantino scrittore con riferimento al suo ultimo libro Mal di fuoco. Pubblicato da Effigie edizioni, “Mal di fuoco” cala il lettore nel profondo della condizione umana. Indaga senza filtri quell’occasione di vita offerta dall’arte che appare più necessaria del pane. Si fa leggere tutto d’un fiato.

Intervista a Jonny Costantino, nel cuore della condizione umana

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“Mal di fuoco”  ha ispirato alcune immagini contenute nel testo di Jonny Costantino. I disegni sono di Nicola Samorì

Con Mal di fuoco si entra “nella tua sala macchine”. Con un testo che spazia fra romanzo e aforisma ( io aggiungerei poesia). E intrattiene il lettore con temi di fantascienza e sottosuolo. Sei riuscito a raccontare con spietata sincerità il negativo nietzschiano. O quell’essere “mangiato dalla malinconia” per dirla alla Leopardi. O ancora quel “male di vivere” espresso in versi da Montale. Così inscindibile e necessario della condizione umana.

Cosa vuol dire “siamo fatti a somiglianza della notte”?

È quello che deve scoprire il lettore. La notte è qualcosa da cui non ci emancipiamo. Diffido di coloro che si professano portatori di una luce sradicata dalla notte. Nella notte, anche quando rigurgitiamo luce, restiamo affondati fino al collo. Ci si convive, con la notte. La si distilla, la notte. La notte s’indispettisce quando, per amore di metafora o di simbolo, dimentichiamo quanto essa sia concreta, contundente. Ci sono notti e notti. Veniamo dalla notte del grembo materno. Svaniamo nella notte dell’ignoto. C’è una notte interiore, metafisica e sensuale al contempo. C’è una notte esteriore, laddove s’incontrano gli amanti, dove confabulano i banditi, dove gli artisti misurano la propria audacia. Se non sono ambedue le cose, amanti e banditi, gli artisti sono trascurabile cosa.

Nel tuo libro l’umanità del futuro si ritrova ad affrontare un evento terribile: la morte del Sole. Sulla terra appare impossibile continuare a vivere. Ma cosa rappresenta il Sole?

È un’altra risposta che lascio al lettore. Mi limito a un’evidenza. Dal punto di vista terrestre, il Sole è la principale fonte di luce e di calore. Se un bel giorno questo motore di un sistema planetario si spegnesse e la Terra smettesse di brillare di luce riflessa, sarebbe un guaio per la sopravvivenza dei terrestri. Dove attingere la luce e il calore indispensabili per vivere? La luce e il calore che prima calavano dall’alto? Mal di fuoco si dispiega in questo scenario problematico. E mi piace pensare che il libro metta ogni singolo lettore in condizione di trovare risposte commisurate a quel che gli scalda il cuore e illumina i suoi passi.

Mal di fuoco è anche una profonda tua dichiarazione d’amore per l’arte. Nel caso specifico per la scrittura. È un libro sull’uomo e sulla sua arte. L’arte che in alcuni casi si sostituisce alla realtà troppo difficile da affrontare. Disonesta, crudele, “vigliacca” nella sua imprevedibilità. E-il- fuoco-fonte-arte-stessa diventa “la parte migliore della stirpe umana”. Quella che “ci insegna a non dissipare il calore innato”. “A rinfocolare il bambino in fiamme che è in noi”. Un bambino che ritroviamo ne La lucina.  “A preservarlo. Se necessario, contronatura”. Cosa vuoi dirci su La lucina? So che a breve uscirà il film che hai diretto insieme a Fabio Badolato…

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Un frame del film La lucina con lo scrittore Antonio Moresco, Fonte Instagram @lalucinafilm

“Per non spezzare il filo infuocato del nostro scambio, direi che La lucina è la cinefiamma sprigionata dallo sfregamento tra la penna di Antonio Moresco e il nostro occhio”

La lucina è un film nudo. Un film di anime che prendono corpo. Un film di poesia il cui ritmo è deciso del respiro interno delle immagini. La lucina è cinema d’autore radicale. Anzi «cinema d’autori». Autori che hanno scelto di muoversi nella completa indifferenza delle logiche commerciali. E dei parametri estetici dominanti. Non ci saremmo lanciati in quest’azzardo se Antonio Moresco non avesse accettato di esserne il protagonista. Per il semplice fatto che non si trattava di recitare, bensì d’incarnare un ruolo.

Il tuo è un “cinema dell’oltre”. Questa natura radicale investe anche la tua scrittura per la tua visione “estrema”. Intimamente sentita. Che forse è quella più adatta per la comunicazione del reale. Ma anche quella più ermetica.  “Scrivo per andare oltre. Scrivo perché dire che dio è un ragno e che noi siamo insetti vorrebbe dire che noi siamo per dio quello che l’insetto più insignificante è per noi. Speranza infondata. Noi siamo meno di niente”. Tale atteggiamento credo porti a farsi dei nemici. Quanto hanno contato i tuoi nemici nella tua vita/arte? 

Riconosco un solo nemico, quello che abita dentro di me. E solo di questo tipaccio mi curo. Al di fuori del duello costante con lui, non coltivo inimicizie. Perché francamente non ne ho il tempo. Ci sono troppi ostacoli da superare, troppi colli da baciare. Il fuoco dell’amicizia, al contrario, cammina sempre con me. Gli amici – i pochi per i quali non esito a mettere la mano sul fuoco – loro sì che sono stati e continuano a essere determinanti.

Sono rimasta a lungo nel frammento 577 del tuo testo che mi ha particolarmente impressionato: “Non basta avere attraversato il fuoco. Attraversalo senza tregua se vuoi avanzare nella visione. Mai lasciarsi il fuoco alle spalle. Incedi sul vuoto, in bilico tra due o più fuochi. Ti scotterai, la fune  s’incendierà, cadrai sul duro, raccatterai i pezzi, ne hai persi, ti risolleverai. Niente paura: il fuoco che hai dentro, se ravvivato, è medicinale”. Soprattutto qui emerge la tua visione: “Mal di fuoco è un viaggio nella tenebra che dobbiamo attraversare”. Se “il cuore umano è una stella di sangue” e il “dolore la cruna della gioia”, non resta “al corpo vivo” che “lottare”. Quali sono gli autori che ti hanno influenzato?

Vado a periodi, a folgorazioni, a riflussi. E più che d’influenza parlerei d’incorporazione. Parlerei di pensieri e visioni che ho dovuto divorare e continuo a divorare affinché rifluiscano nel mio sangue. E, divenendo sangue del mio sangue, mi diano forza e slancio. Contribuiscano a precisare il mio pensiero e la mia visione. Ci sono giorni che sono pazzo di Kafka o di Rembrandt o di Coleman Hawkins, col suo fraseggio insuperabile. O di Orson Welles oppure di quel satanasso di Lautréamont. Ci sono giorni in cui la medicina è Eschilo. Altri in cui tollero soltanto compresse di Eraclito e Bach. Potrei continuare a lungo. Negli ultimi mesi – per via di un libro che vedrà la luce in autunno – mi sono lasciato intridere fin nel midollo dall’arte di Nicola Samorì. Uno degli artisti viventi che ammiro di più.

“Oggi, nel particolare stato d’animo in cui mi trovo, ti direi tre autori inesauribili, esaltanti e commoventi, che mi accompagnano fin dai primi sussulti puberali: Baudelaire, Baudelaire, Baudelaire!”

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La cover del libro dello scrittore e cineasta Jonny Costantino

Come si lotta Jonny?

Come si ama.

Mi sembra di capire che si lotta body and soul…A causa della morte del Sole alla fine l’uomo può scegliere di cambiare pianeta. O di restare sulla terra ormai oscurata. E di cercare calore, luce e  speranza nel fuoco. “La Sinistra” sceglie di ravvivare il suo fuoco interiore e non spianeta. Cosa vuoi dirci su questo personaggio?

Ti direi che sono io. Ma io sono anche il Vecchio che forma la Sinistra, nonché l’Anonimo di Età del fuoco. E il relatore dell’Accademia di Solaria. Oltre che l’autore del Prologo. Sono io: dunque è un altro.

Non sono rare le mie domande impertinenti attraverso cui cerco di carpire un po’ del tuo mondo cinematografico e letterario. Alla mia  “Cosa credi ci sia dopo l’oscurità?” mi hai risposto “la vera oscurità, quella che è tutt’uno con la luce…”. Allora se l’oscurità è vita, è “la casa dell’Essere” per dirla con Heidegger, è fecondità. La vera oscurità è la madre di tutte le fiamme.  “Quello che scrivo è la parte più viva di me e pretende di sopravvivermi” si legge in Mal di fuoco. L’antidoto a tutto è chiaro. Spesso l’arte è più importante del pane. Una fiammella può essere  tutto il necessario?

Per qualcuno sì, perlomeno per un piccolo fiammiferaio come me. Io vivo in un luogo molto oscuro e molto luminoso dove l’arte e la vita sono la stessa cosa. Sono un uomo dai mille appetiti. E l’arte per me è pane e carne, patate fritte e gelato insieme. Dicendo arte parlo esclusivamente dell’arte che t’insegna a vedere. E non semplicemente a guardare. L’arte che è vita intensificata. Pericolosissimo vortice. L’arte che invade la vita quotidiana elettrizzandola. L’arte che ti guida verso la commedia nel fondo della tua tragedia. L’arte che non se la fa addosso. L’arte che sghignazza in faccia alla morte. Davanti a quella sublime puttana della morte, che poi è il sale della vita e dell’arte, come le intendo io.

La vita non è il binario morto che ti rifilano e dove t’instradano. La realtà è quella che sei in grado d’inventarti”.

http://www.lalucina.xyz/

Valeria Gennaro

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Valeria Gennaro
Giornalista, insegnante, fashionista e cultrice della materia in storia del cinema con la passione per la moda, i bijoux e la social communication. Laureata magistrale in Teoria e filosofia della comunicazione e laureanda in Scienze filosofiche. Neuro Linguistic Programming Master Practitioner. Collabora con "La Gazzetta del Mezzogiorno", Cinematographe, Fashion Life, ed è caporedattore del giornale "Alpi Fashion Magazine" e del relativo supplemento sul lusso Luxury Style Mag

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