L’I.I.S.S. “Q. Orazio Flacco” di Venosa ha organizzato nell’Aula Magna un incontro con la psicoterapeuta Cleopatra D’Ambrosio.

Padre venosino, madre greca. Trasferitasi in provincia di Brescia all’età di 10 anni, si laurea in psicologia a Padova ed ottiene poi incarichi professionali all’Università Cattolica di Milano e all’Università di Medicina di Brescia.

Da anni si occupa di disturbi dell’età evolutiva e di quella adulta, con particolare riferimento a disagi provenienti da particolari traumi, come abusi e violenze psicofisiche. Promuove terapie di gruppo e seminari formativi nel settore sanitario e sociale. Collabora in qualità di formatrice nel gruppo “Noi Psicomotricità relazionale” formato da una équipe di professionisti che opera nel settore dell’educazione proponendo la diffusione dell’alfabetizzazione emotiva tra famiglia, scuola e specialisti.

Il suo ultimo libro “La ricerca delle radici ”, presentato nell’Aula Magna dell’Istituto superiore di Venosa è un viaggio personale negli aneddoti del mondo contemporaneo. Le identità, le migrazioni, le adozioni, gli orientamenti sessuali e gli orientamenti terapeutici sono gli archetipi concreti di una umanità che a volte manifesta i suoi intrecci più travagliati. Questi fattori che incidono profondamente sulle interpersonali e sociali, contribuiscono anche forgiare la personalità di ogni individuo attraverso un comune denominatore: la scoperta delle proprie origini.

Un percorso, quello della ricerca delle proprie radici, che non è sempre lineare, anzi il più delle volte si scontra con storie personali complicate che prima di essere esplorate a ritroso vanno elaborate. Indagare nel passato per scoprire le proprie origini è un’esperienza che scuote gli animi; un tassello fondamentale che va a completare il mosaico della propria vita, ma in taluni casi può essere doloroso riaprire ferite mai sanate.

L’identità di una persona è come un grande fiume; fin dalla nascita si arricchisce dei suoi affluenti; accoglie le acque limpide e trasparenti ma anche quelle che trasportano acqua meno pulita” ha affermato lo psicologo dott. Michele Dinardo, moderatore dell’incontro. “L’acqua pulita – fuor di metafora – comprende le esperienze belle, quelle che ci danno emozioni, ma nella propria vita l’uomo trascina con sé anche le sofferenze e i dolori, nel conflitto tra luci ed ombre. Arrivato alla foce, il fiume non muore, confluisce nel mare e diviene altro. La vita, proprio come il fiume, è in continuo divenire tra due sponde. L’uomo ha bisogno di punti di riferimento forti, che sono la lingua, il quartiere, la famiglia, gli amici: queste sono le sponde in cui ci si identifica” ha argomentato Dinardo.

Nel libro Cleopatra parla di emigranti, bambini adottati e omosessuali, coloro che hanno più difficoltà a scorrere fluidi nel ventre del proprio fiume. Gli emigrati sono coloro che con i loro occhi ci parlano delle sofferenze che hanno vissuto uscendo dal buio del loro paese per entrare nel nostro. Cercano un sorriso, un affluente che li aiuti a trovare gioia nella appartenenza ad una comunità. Gli omosessuali invece non chiedono giudizi o condanne ma rispetto” ha continuato Dinardo. E infine, ci sono i bambini adottati che hanno vissuto il trauma dell’abbandono come uno strappo delle proprie origini e nel loro percorso di crescita possono incontrare grandi difficoltà a rielaborare quello che per loro è un vero e proprio lutto: la perdita della storia personale.

Nata da un padre venosino e da una madre greca, Cleopatra si è dovuta confrontare con due lingue, due tradizioni, due mondi diversi. Il libro di Cleopatra D’Ambrosio è un invito ad interrogarsi sulle nostre radici. Da dove siamo? Da dove veniamo? Queste sono le domande esistenziali che tutti ci poniamo” ha ammesso la dirigente Mimma Carlomagno.  Ma esiste anche “una storia personale” che deriva dall’intreccio dei legami familiari ed affettive ed influenza le relazioni sociali, il modo di vivere e di ‘essere nel mondo’ insieme agli altri. Le proprie origini sono lo specchio di una identità che si auto-riconosce nella dimensione collettiva. Eppure a causa di traumi gravi si arriva persino a rinnegare le proprie radici.

L’abbandono del proprio luogo nativo, la mancata accoglienza dell’emigrante nella terra in cui approda, l’emarginazione, il non sentirsi accettati per ciò che si è, e il conseguente comportamento borderline, ma anche una violenza, una dramma, una separazione possono provocare due reazioni opposte: il rafforzamento della ricerca delle proprie radici che in quel caso diventano il luogo in cui trovare conforto oppure, in caso contrario, la definitiva frattura rispetto ad un passato che altrimenti affiorerebbe con tutta la sua impetuosità.

Ciò che in passato era riconosciuto soltanto a livello intuitivo oggi è comprovato scientificamente – ha sottolineato la dott.ssa Cleopatra D’Ambrosio Un trauma non elaborato può essere trasmesso nel DNA fino a quattordici generazioni”.  Un percorso di analisi può aiutare a superare questa trasmissione genetica. Attraverso l’indagine su vissuti e relazioni familiari complicate si può arrivare meglio a comprendere il comportamento del bambino nella fase evolutiva, quella in cui la costruzione dell’identità diventa l’immagine riflessa del riconoscimento sociale. Oggi però diventa sempre più difficile dialogare con ragazzi perché vivono le emozioni come oggetto di consumo istantaneo. “L’identità è narrazione e oggi diventa sempre più difficile per i ragazzi riuscire a raccontarsi perché guardano all’hic et nunc, e non vanno oltre il presente” ammette la psicoterapeuta. Qui entra in gioco il ruolo degli insegnanti che hanno il compito di “educare” (ēdūcĕre) i ragazzi, condurli per mano affinché trovino in loro un confidente, un valvola di sfogo con cui condividere le sofferenze, le paure e le aspettative che li pervadono.

Non credo che la psicoterapia sia l’unico strumento in situazioni difficili anche perché è molto costosa e in pochi possono permettersela. Penso invece che la scuola e i docenti debbano formarsi per interagire nel modo migliore con le famiglie ed aiutarli ad elaborare il lutto per la fine di un ideale di ‘figlio’ perfetto’, I gruppi di lavoro possono essere uno degli strumenti più efficaci” ha chiosato D’Ambrosio. Di qui la proposta dello psicologo Michele Dinardo ossia quella “di inserire la figura dello psico-pedagogista nelle scuole, una servizio che non sia solo un’appendice, ma una figura stabile che, a costo zero, possa garantire un supporto ai docenti, agli studenti e alle famiglie. Un profilo che entri nelle scuole non in modo dirompente ma in punta di piedi, con incontri collettivi volti a sdoganare il pregiudizio di chi considera ‘diverso’ il ragazzo che confida in un aiuto esterno.

Il sindaco Tommaso Gammone, infine, ha espresso tutta la sua ammirazione per una persona, come la dott.ssa D’Ambrosio, che pur avendo lasciato il proprio luogo nativo all’età di 10 anni, ricorda la propria terra con nostalgia per i meravigliosi momenti dell’infanzia trascorsi a Venosa.

Il primo cittadino si è poi riallacciato al tema dell’emigrazione che è oggi è più attuale che mai, rivolgendo lo sguardo alle comunità locali che purtroppo si spopolano  “Tanti amici mi raccontano le loro storie personali ed immagino quali difficoltà incontrino nello stare lontani dalla propria terra. L’invito è a non perdere il legame con la città nativa e auguro se possibile un domani di tornarvi” ha concluso Gammone.

 

Marianna Gianna Ferrenti

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Marianna Gianna Ferrenti
Sono una giornalista pubblicista lucana. Dopo alcune esperienze sul territorio, ho allargato gli orizzonti, affacciandomi nel 2012 al mondo del social journalism. Laureata magistrale in Scienze filosofiche e della comunicazione, dopo un corso di Alta Formazione in Graphic Design ed Editoria digitale, finanziato dal Fondo Sociale Europeo, ho arricchito il mio background con competenze tecniche nell'ambito della scrittura digitale

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