Editoriale di: Gabriele Vinciguerra
Ricordo ancora quando, da ragazzo, sfogliai il mio primo Vogue America. Era il 1992. Una modella con uno sguardo indecifrabile, luci fredde, un taglio di capelli netto come un’idea senza esitazione. C’era qualcosa di austero eppure magnetico in quelle pagine. Solo anni dopo avrei capito che dietro quella forza c’era una donna che non cedeva a niente.
Anna Wintour.
Oggi, dopo 37 anni, lascia. E mentre il mondo la saluta, io sento che se ne va qualcosa di più profondo: il ritmo interno di un’epoca. Un’epoca fatta di rigore, visione, silenzi che parlavano più delle parole.
La sua assenza sarà rumorosa.
Wintour non ha diretto un magazine. Ha diretto un’idea di mondo. Ha messo la moda al centro della cultura popolare senza mai abbassare lo sguardo. È riuscita in qualcosa che solo i veri maestri sanno fare: far sembrare inevitabile ciò che prima sembrava impensabile.
Ha sfidato le regole del sistema, ma ha anche costruito un sistema dentro al quale la moda non era solo bellezza, ma potere. Di scegliere, di influenzare, di raccontare. Ha fatto sedere l’arte accanto alla politica, ha trasformato le copertine in messaggi subliminali, ha fatto della freddezza una forma di coerenza.
Molti l’hanno giudicata distante. Io credo che fosse semplicemente oltre. Mentre il mondo ancora inciampava nell’apparenza, lei scolpiva il contenuto.
Questa non è una nostalgia da editorialista malinconico. È un atto di riconoscenza. Perché nel suo sguardo impenetrabile c’erano tutte le contraddizioni che rendono l’essere umano straordinario: controllo e creatività, durezza e cura, estetica e senso.
E noi, generazioni di fotografi, giornalisti, stilisti, apprendisti del bello, le dobbiamo molto più di quanto forse ammetteremo mai.
Anna Wintour ha insegnato che l’eleganza è una forma di disciplina. Che il gusto è un esercizio continuo. E che la moda, quando è fatta bene, non passa mai.
Il suo addio non è la fine di un’icona. È l’inizio del tempo in cui dovremo imparare a cavarcela senza qualcuno che ci indichi, con precisione chirurgica, cosa vale davvero.
E forse, in fondo, è proprio questo il suo lascito più grande: averci preparati a vivere senza di lei. Ma non senza stile.













