Da tredici anni NovaraJazz porta avanti la sua missione: diffondere la buona musica. Lo fa con la tenacia dei suoi ideatori e direttori Corrado Beldí e Riccardo Cigolotti. Lo fa attraverso la competenza delle diverse professionalità che si adoperano dietro le quinte. Lo fa attraverso la dedizione e la passione dei molti volontari che mettono a disposizione il loro tempo per la buona riuscita della manifestazione. Lo fa in uno scenario architettonico di pregio come il centro storico di Novara, con il duecentesco Broletto, l’Archivio Storico o la Basilica di San Gaudenzio, sormontata dalla spettacolare cupola di Alessandro Antonelli, o coinvolgendo un territorio più vasto, che alterna aree a carattere industriale a paesaggi con forti connotati rurali e naturalistici. Un eccellente esempio, insomma, di valorizzazione del territorio e di sviluppo di una comunità attraverso un’offerta musicale innovativa e mai ancorata a nomi consolidati e di facile richiamo.

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Tra il 26 maggio e il 12 giugno, si è sviluppato un programma ricchissimo di cui segnaliamo i progetti del cornettista ROB MAZUREK accompagnato da alcuni fra i più interessanti musicisti italiani delle ultime generazioni; l’intenso omaggio a Don Cerry dei MULTIKULTI di Cristiano Calcagnile; la potentissima FIRE! ORCHESTRA guidata da Mats Gustafsson che ha esaltato l’affollato pubblico del Broletto.

Molto interessanti sono state anche le performance di Boris Savoldelli sui testi del poeta russo Sergej Eisenin; l’avvicendarsi – ciascuno con il proprio assolo – di Nicola Fazzini (alto sax), di Luca Colussi (batteria), di Samuel Blaser (trombone), di François Houle (clarinetto) e di Alessandro Fedrigo (basso) – per poi radunarsi nel brano di chiusura del concerto nella splendida cornice dell’Archivio Storico; e poi l’esibizione del quartetto emergente i Casi, che miscela musica jazz, hip hop, funk e folk con l’urgenza di chi ha molte cose da dire sulla musica improvvisata che verrà.

Oltre 30 concerti nel centro storico di Novara

Ma è per le strade che Novara e il Jazz diventano una cosa sola, allietando il passeggiare dei cittadini con StreetJazz, un sistema di piccoli palchi dislocati nel centro storico nati per promuovere giovani artisti che suonano in acustico in rappresentanza di scuole di musica e altre istituzioni con le quali il festival ha creato nel tempo sinergie e visioni condivise. Oltre trenta i concerti in strada, realizzati in collaborazione con i Civici Corsi Jazz di Milano, Conservatorio di Como, Parma, Torino, Asti, Alessandria, Ahum Milano Jazz Festival, ecc.

Segnaliamo, inoltre, una giornata di appuntamenti di grande interesse per questa edizione di NovaraJazz organizzata con Hangar Piemonte – Re-inventare il futuro.

NovaraJazz

Come avete potuto leggere fin qui, insomma, NovaraJazz è un evento difficile da raccontare a parole, va vissuto come molti festival votati alla multidisciplinarietà e per chi ancora non conosce il festival credo che la cosa migliore sia rivolgere direttamente qualche domanda al suo direttore Corrado Beldì.

Corrado Beldì

Come nasce l’idea di un jazz festival a Novara? 

Grazie al mio incontro con Riccardo Cigolotti che nel 2004 aveva già organizzato tre concerti tra cui una residenza dell’indimenticato Laurence Butch Morris. Fui invitato a una serata di Jazz Forum, un’associazione novarese di appassionati che si trovavano ad ascoltare e dischi in vinile e a commentarli. Presentai il lavoro di Uri Caine, suscitando commenti discordi e persino proteste. Alla fine Riccardo mi avvicinò e mi chiese di collaborare con lui. Qualche sera dopo prendemmo di petto il sindaco dicendogli che avremmo voluto organizzare un grande festival. Ci diede una mano e da quel momento è cominciata una lunga avventura e anche un’amicizia che non ci ha mai separati.

Come sono effettuate le scelte artistiche? 

Ogni progetto è un travaglio di suggestioni, amicizie, intuizioni. Impossibile che un progetto venga dalla proposta di un manager. Più spesso nasce da suggerimenti di musicisti o dall’idea di unirne altri. C’è molta costruzione e desiderio di portare a Novara progetti che non si sono mai ascoltati altrove. Il caso di Multikulti a NovaraJazz 2016, progetto fantastico ma prodotto altrove e già ascoltato in altri due festival, è una rara eccezione. D’altra parte, parliamo di quello che, secondo noi, è il progetto più interessante oggi in Italia. Altre volte, è il caso della nostra residenza annuale, lasciamo carta bianca al musicista, sia per la scelta del repertorio, sia dei componenti dell’ensemble che andrà a formare. Quest’anno con Rob Mazurek ci siamo molto divertiti, grazie alla bravura del curatore Enrico Bettinello a un gruppo di musicisti davvero strepitosi. La loro gioia nel partecipare al progetto è la nostra prima soddisfazione.

È possibile disegnare un identikit del pubblico di Novara Jazz? 

Ci proveremo nei prossimi mesi, a partire dalla stagione invernale: vorremmo dare voce agli appassionati che ci seguono con tanta fedeltà, fare ritratti individuali e dunque un grande affresco collettivo. Abbiamo un pubblico di età molto diverse, mediamente colto, soprattutto curioso e disposto ad andare ai nostri concerti senza sapere quasi nulla di cosa accadrà: gran parte dei nostri musicisti sono sconosciuti ai più. Un pubblico che accetta una proposta sempre nuova e difficilmente catalogabile in categorie scontate. Un pubblico disposto a farsi martoriare perché sa che, nel corso del concerto, arriverà la nota o il rumore in grado di farlo ridere o piangere o commuovere e rendere quel momento davvero indimenticabile.

NovaraJazz

Avete sempre proposto musica con un notevole livello di innovazione. Ritieni che le vostre proposte abbiano contribuito a orientare i gusti del pubblico verso una musica più creativa e meno di consumo? 

Certamente sì, anche se parliamo solo di una parte dei cittadini. Eppure vediamo una curiosità crescente, un’attenzione alla musica, allo strumento, ai suoni. È un lavoro che richiede costanza e perseveranza: lo strumentista e i suoni vanno messi al centro, occorre attenzione, voglia di lasciarsi stupire, rispetto per la creatività, per l’asimmetria, per quel che non ti aspetti, per la stoccata che ti punge. La musica può essere una grande lezione di vita. Insomma, per usare la definizione che Pierce Egan diede del pugilato, perseguiamo “la dolce scienza del colpire”.

Negli ultimi tempi molti operatori culturali e artisti hanno mostrato un interesse crescente rispetto alle attività associative come ad esempio quelle promosse da I-JAZZ (associazione nazionale di festival e rassegne jazz) e MIDJ (Musicisti Italiani Di Jazz), che opinione hai di questa tendenza? Cos’è che spinge secondo te i direttori artistici a fare rete?

C’è una nuova generazione di direttori artistici che ha capito che oggi è più che mai necessario fare rete, prendere il meglio delle esperienze altrui, rinnovare le modalità di rapporto con gli spettatori. Nel momento più basso della sua storia, il jazz italiano ha dimostrato di avere in sé le capacità per rinascere. Siamo come un pugile suonato che al 10º round si rialza e combatte per vincere. In questo, l’alleanza con l’associazione dei musicisti MIDJ è davvero fondamentale e la giornata dell’Aquila ha dimostrato, con oltre 60.000 presenze, la potenzialità di una musica portata in mezzo a beni di interesse storico e naturalistico. In questo, le nuove regole del FUS sono un toccasana di meritocrazia e indirizzo delle politiche dello spettacolo. Se continuiamo a insistere sull’impatto economico e sociale del jazz non è un caso: credo davvero che questa musica possa essere una delle chiavi del rilancio turistico e dunque economico del Paese.

www.novarajazz.orghttp://www.novarajazz.org/

 Antonio Ribatti

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